giovedì 11 luglio 2013

Incontro con l'autore

Paola Zannoner giovedì 11 luglio è stata ospite della trasmissione Fahrenheit (RADIO 3) per parlare della Banda delle Ragazzine, collana di libri che sta pubblicando con Giunti, se volete ascoltare l'intervista ecco il podcast





Paola Zannoner è stata nostra ospite il 16 aprile e in quell'occasione i ragazzi di II C, E ed F dopo aver letto La linea del traguardo hanno provato ad aggiungere una pagina: La pagina che non c'era, prendendo spunto dall'omonimo concorso riservato agli alunni delle scuole superiori.
Ecco alcune delle loro pagine
 
Da inserire prima di p. 38
Leo aggrottò le fronte e salutò il padre, prima di accendere i motori del suo “bolide” e partire per tornare a casa. “Non so cosa mi sia preso... vorrei che questa giornata iniziasse da capo e come voglio io: niente nebbia; il campo verde e asciutto, senza pozzanghere e fango...” pensava Leo; meditava solo a quell’occasione che aveva cestinato all’aria... “solo per... per... l’arbitro che non ne ha fatta una giusta e i difensori avversari che sembrava mi volessero portare via... nei posti in cui io non potevo fare paura al portiere...” queste sono i discorsi che si faceva Leo se qualcosa durante la partita non era andata a buon termine... Non era mai colpa sua, ma sempre colpa degli avversari e degli arbitri...
Solo quando vide una luce rossa che rifletteva nell’asfalto bagnato della strada si accorse del semaforo davanti a lui e dell’eccessiva velocità con cui stava procedendo.
La partita era diventata un’ossessione: la strada gli rifletteva le immagini, le azioni in cui avrebbe potuto... o meglio... in cui avrebbe dovuto concludere diversamente. Era un match troppo importante per fare un passo falso... Il colore della carreggiata cambiò colore; dal rosso acceso al verde intenso e luminoso, allora tolsi la mano dal freno e accelerai di colpo. Avevo fretta di tornare a casa a fare qualcosa che mi distraesse da questa ingiusta partita ma mi chiedevo sempre: ”perché mi devono capitare questi arbitri cosi inesperti! Che vadano ad arbitrare delle partite meno importanti e poi gli avversari ce l’ avevano con me non volevano farmi proprio avere quel minimo di tempo per girarmi e passare la palla!”. Leo si sentiva anche dispiaciuto perché avrebbe dovuto cercare di mantenere la calma e giocare come sempre. Questa era la partita più importante che gli permetteva di passare a una squadra molto più forte e cosi di farsi conoscere in tutto il mondo... ma ormai tutto è perduto. Leo pensando di correre su un’ala del campo inseguito dagli avversari, accellerò ulteriormente, passando dai 40 km/h ai 55km/h senza notare degli automobilisti che gli gridavano contro:”Fai attenzione, ragazzino!” ma Leo pensava di essere ancora sul campo e che i tifosi lo stessero incitando. Leo aumentò ancora  la velocità sicuramente superando i limiti consentiti dalla legge, ma eccolo arrivare a fondo campo e accentrarsi per tirare, ma ecco che un maledetto avversario gli dà una spallata, che sembra una cannonata, facendolo cadere dieci metri più avanti, è proprio in questo momento che Leo torna alla realtà. Era tutto vero, era vero che un maledetto avversario, un’auto, lo aveva colpito facendolo sobbalzare poco più avanti di un bar all’angolo dove tutti erano fermi, incapaci di reagire.
Leonardo, Matteo, Gianluca 

Da inserire a p. 93, all’inizio
Il giorno prima della gara, Viola, appena tornata da casa di Leo, era così stanca che si distese sul letto pensando al gran giorno che sarebbe arrivato. Non era sicura di vincere, era spaventata al pensiero che avrebbe potuto deludere i suoi famigliari, ma soprattutto Leo. Quindi senza altri indugi, combattendo la stanchezza, si mise la tuta e si precipitò verso il portone di casa per iniziare un duro allenamento. Arrivata al parco iniziò a correre, infilò le cuffiette e mise il volume al massimo, per non sentire i suoi pensieri: le pesavano le aspettative delle persone che in quel periodo l’avevano sostenuta (come Sirio, di certo non sua madre!). L’idea “poi” che ci sarebbe stato Leo a guardarla la agitava tantissimo.
Il tempo volò e non si accorse che si erano già fatte le 19.00, tornò a casa per mangiare e trovò sua madre ubriaca, immobile al centro della stanza, quindi le disse: “Come ti sei ridotta!? Non puoi continuare così!”. La donna farfugliò qualche parola incomprensibile di scuse e promesse, ma Viola sapeva benissimo che nulla sarebbe cambiato, se non in peggio. Sua madre avrebbe continuato a bere, fumare e ubriacarsi… Era proprio senza speranza!
Viola se ne andò in cucina a preparare qualcosa, mentre sua madre si lasciò cadere sul divano senza nemmeno provare a reagire. Finita la cena corse in bagno a fare una doccia, pensando che avrebbe “lavato"  il suo dolore. Non fu così: si diresse verso camera sua, cercando di lasciarsi tutto alle spalle e si sdraiò sul letto aspettando con ansia il fatidico giorno.
Elena, Filippo F., Tommaso, Tudorita

Da inserire dopo p. 140
L’arrivo inaspettato del padre di Viola
Dopo che ebbe finito la gara, Viola riuscì a scorgere tra gli spettatori un viso familiare . . . Era suo padre!!!
Viola non sapeva che fare, non gli corse incontro, come è solita fare una figlia quando rivede suo padre, ma aspettò.
Subito dopo che ebbe visto suo padre, un mucchio di gente, tra cui sua madre, le corse incontro per farle i complimenti per essere arrivata prima. Man mano la gente se ne andò via, quando non ci fu più nessuno il padre si avvicinò a Viola. All’inizio aveva uno sguardo molto teso e pensieroso,  non sapeva cosa dire dopo tutto quel tempo che non si era fatto vivo e non si era preso cura di lei in nessun modo. A un certo punto incominciò a parlare, ma pronunciò le solite banalità: “Scusa, mi perdoni?” Viola non lo stette neanche ad ascoltare, all’improvviso interruppe suo padre e disse: “Non devi chiedere scusa a me, ma a chi è stato veramente male”, contemporaneamente Viola si voltò e con lo sguardo indicò sua madre. Allora il padre incominciò ad avviarsi lentamente verso sua moglie. Patricia alla vista del marito gli corse incontro e lo abbracciò con tanta felicità. Allora Viola guardandoli da lontano sorrise e incominciò a correre per andare ad abbracciare suo padre e sua madre che erano ritornati alla vita.
Antonio, Enrico, Asia e Filippo    

Epilogo
Non poteva esserci un finale migliore: ho vinto la gara, ma ho vinto anche qualcosa di molto più importante nel momento in cui ho visto mia madre uscire dopo tanto tempo. Finalmente aveva capito che anche senza mio padre poteva farcela. Poteva avere una vita normale, come tutte le altre donne, si era resa conto che non era una fallita. Da quel giorno è uscita più spesso, si incontrava frequentemente con le amiche che non vedeva da tanto tempo ma, cosa più importante di tutte, aveva buttato il televisore! Ero talmente contenta che non ci credevo! Era tornata la Patricia di sempre, quella di cui mio padre si era innamorato anni fa …
Solo dopo un po’ mi sono resa conto che con lei era stato un po’ come con Leo. Anche lei dopo un momento difficile era riuscita a rialzarsi, a non considerarsi più un rifiuto e a ritrovare la voglia di vivere! Ho capito che dopo tanti ostacoli ero arrivata al traguardo e avevo finalmente superato quella linea. La linea che separava la vecchia dalla nuova vita, una vita migliore per me e per gli altri …
Ero al settimo cielo.
Io sono Viola ce l’ho fatta!
Mio padre credeva in me. Finalmente da dopo l’incidente aveva avuto il coraggio di guardarmi, di parlarmi perfino di abbracciarmi. Si era scusato con parole poco raffinate, ma sincere e ciò mi ha reso felice, felice come non ero da tempo. Devo ammetterlo, mi sono quasi commosso, con il suo abbraccio ha sciolto i miei dolori. Però erano lacrime di gioia.
Non so trovare le parole per descrivere tanta contentezza. Mio padre aveva sempre avuto grandi aspettative nei miei confronti e averlo perso dopo la paralisi era stato straziante, anche se non me ne ero reso ben conto. Ora anche la gente del quartiere si è abituata a me, nessuno mi guarda male, nessuno sembra provare pietà per me, sono una persona (quasi) normale.
Io sono Leo ce l’ho fatta!
Noi siamo Leo e Viola e ce l’abbiamo fatta!
Gaia, Mariafiore, Angela, Silvia, Pietro

Da inserire dopo p. 137
Enrico rientrò con una certa serenità sul volto, si sedette sugli spalti e dovette persino nascondere le mani in mezzo alle gambe e mordersi la lingua per evitare che si notasse il continuo fremito che lo percorreva da cima a fondo, percuotendolo in un unico, penetrante brivido. Ad ogni canestro segnato da Leo perdeva il controllo e si agitava saltando con le braccia in aria, prendeva parte ai cori di incoraggiamento, insieme agli altri ragazzi. Era come una scossa adrenalinica, ad ogni punto segnato si sentiva sempre più vivo e più giovane, più forte, ritrovando la gioia che non aveva mai più ritrovato dai tempi del liceo. Finita la partita era paonazzo in volto, i suoi capelli, sempre tenuti ordinati, erano ora una matassa scompigliata, la camicia era bagnata fradicia… Come un ubriaco, si direbbe, ma c’era qualcosa di diverso dall’espressione malinconica e trasognata di quello che ha bevuto troppo: Enrico aveva un sorriso a trentadue denti, fresco, pulito e giovane.  
Come tutti gli altri genitori, era impaziente di incontrare il suo Leo. Aveva fumato dieci sigarette da quanto era agitato; aveva camminato avanti e indietro per non si sa quante volte. Finalmente la squadra vincente uscì e la schiera dei padri e delle madri (compresa Gisella) si era letteralmente precipitata sui figli. Grida di -ti voglio bene!-, -Bravissimi!-, baci, abbracci, strette di mano volavano di qua e di là. C’era solo un uomo che stava fermo e non faceva niente: i capelli rimessi al proprio posto, giacca e cravatta, mani in tasca, sguardo perso, che si rianimò solo quando la folla si diradò e resto solo una donna con il figlio in carrozzina, che si avvicinò al padre, che  gli diede uno sguardo di sfuggita e andò verso il parchetto accanto alla palestra.
Leo aveva capito: suo padre voleva che lo seguisse. Diede una lieve spinta alle ruote ed eccolo sul ghiaino del parco, accanto ad Enrico. Questi iniziò a parlare con dei brontolii, indugiando… poi iniziò il discorso, deciso.
-Ecco… Bfnf…grfff…insomma, so che dall’incidente non ti ho più parlato molto e non ti ho badato e sostenuto come avrei dovuto: ho sbagliato. Solo adesso me ne rendo conto e me ne pento, mi accorgo che il mondo di prima non era basato su altro che non il calcio, quest’unica aspettativa mi ha offuscato la vista e riempito così d’orgoglio che il tuo incidente e la conseguenza del “non-più-calcio” mi ha messo molto in difficoltà e mi ha portato a fare degli errori stupidi con te. Perché tu sei sempre tu, il mio Leo, sei sempre l’energia scatenante e contagiosa di prima, sei l’adrenalina che ti scuote da capo a fondo ogni volto che qualcuno ti guarda…Tu sei mio figlio.- Una lacrima gli rigò il viso.   
-E per questo… ti chiedo scusa.-
 Gli occhi di Leo stavano fissi su quelli di suo padre. Passarono alcuni secondi, che sembrarono un’eternità.
-E tu sei mio padre, scuse accettate, papà-. Il suo viso fu illuminato da uno splendente sorriso; si gettò con le braccia su suo padre che si chinò per arrivare alla sua altezza.
-Ti voglio bene papà-
Lisa, Ginevra, Romina, Anna, Sofia

Da inserire a p. 64 (riga 7)
Leo, però, era testardo come un mulo. Non si capacitava a girare le ruote di quella carrozzina per tornare indietro, magari a casa per bere qualcosa di caldo, con quel freddo che faceva fuori.
Intanto il fiume scorreva velocemente e portava con sé i detriti che il vento sferzante dei giorni precedenti aveva spezzato. Era anche pieno d’acqua e di fango e per Leo, tuffarsi poteva essere letale.
Nel frattempo Viola stava partendo da casa sua per portare i compiti a Leo, ma lui era lì, vicino a quel fiumicello e minacciava di uccidersi gettandosi in quell’acqua gelida e insidiosa. In quel momento ebbe un flash: “E ora che sono in questa carrozzina, che ne sarà della mia vita? Non potrò più partecipare a quelle gare ed inseguire quella vittoria che avrei sempre voluto. Non valgo più niente in questo stato”.
Proprio in quel momento vide Viola che si stava dirigendo verso casa sua per la loro lezione quotidiana.
In quel istante sentì i muscoli delle braccia bloccarsi e subito pensò: “Perché buttarsi in quest’acqua gelida quando ho delle persone che mi amano e che credono in me... perché lasciarle in preda alla disperazione: una madre e un padre senza figlio, un bambino senza fratello e i miei compagni senza di me. Sono stato uno stupido a pensare una cosa del genere solo perché sono in una sedia a rotelle! E’ meglio che ritorni a casa, non merito di morire così! La mia vita andrà avanti allo stesso modo di prima.”
Leo allora, fece marcia indietro e si allontanò da quel corso d’acqua tanto temuto.
Leo vide arrivare un’ombra...
Niccolò, Alessandro, Andrea e Alessandra