mercoledì 30 gennaio 2013

Che spettacolo! Intervista a don Loris

Don Loris con la redazione

Per la pagina delle interviste, il 9 Gennaio 2013 i ragazzi della redazione hanno invitato a scuola don Loris Gasparella. Come molti sanno, infatti, il cappellano di san Tommaso di Albignasego ha coinvolto e organizzato ben sessanta ragazzi nella lavorazione del musical Greccio. Notte di Natale del 1223, ispirato alla vita di san Francesco.
Lo spettacolo è andato in scena due volte nel dicembre scorso, al Palazzetto, e ha riscosso un travolgente successo, ben documentato da stampa e televisione: da qui l’idea di chiedere direttamente a don Loris come si è svolto il lavoro, e che cosa lo ha ispirato nell’impegnarsi in un’organizzazione tanto complessa.

Benvenuto nella nostra redazione, don Loris! 
I ragazzi sono pronti con le loro domande, alcune delle quali la riguardano più personalmente… ma cominciamo parlando del musical: come le è venuta l’idea? perché tra tutte le attività possibili ha scelto proprio questa?

Nel mio percorso spirituale, alcuni soggiorni ad Assisi hanno avuto un’importanza particolare, e proprio ad Assisi ho avuto modo di assistere agli spettacoli di Carlo Tedeschi, drammaturgo, attore e scrittore. In particolare ho assistito al musical dedicato a san Francesco e al primo presepio vivente, quello di Greccio. Da qui l’idea di riproporre lo spettacolo e soprattutto di ricreare quell’atmosfera di gioia e di condivisione che tutti i ragazzi in scena ad Assisi mostravano di vivere… quindi ho cominciato a muovere i primi passi in questa direzione, per realizzare qui ad Albignasego un’esperienza simile…
Abbiamo iniziato in pochi e poi ci siamo moltiplicati… A Dicembre, alla fine della “prima” dello spettacolo, già durante la notte mi arrivavano così tanti messaggi di giovani entusiasti… 
Certo, all’inizio qualcuno era un po’ titubante, perché all’inizio le cose nuove fanno sempre paura, nella vita, a tutti: anche ai giovani; perciò abbiamo bisogno di qualcuno che ci stimoli un poco e io sono stato solo quello che ha dato una piccola spinta… poi hanno fatto tutto loro, io ho solo assistito con impegno.



Cristian: Com’è stato per te finire sul giornale?

Bello! e siamo andati anche in tv, su Telenuovo… All’inizio non avevo proprio pensato di pubblicizzare lo spettacolo sul giornale, c’erano già cartelloni dappertutto e noi volevamo proporlo solo alle parrocchie. Ma una giornalista ha assistito alla rappresentazione del 2 dicembre e il giorno dopo mi hanno chiamato un sacco di giornalisti… Io sottolineavo sempre qual era stato il nostro scopo, che non era tanto mettere in scena uno spettacolo per mostrare che i giovani di Albignasego sono tanto bravi a cantare e ballare, o per tirare su soldi. Lo scopo era trasmettere il vangelo di Gesù attraverso l’esperienza di Francesco.


Scrivere un musical dev’essere un lavoro particolarmente complesso. Come si realizza?

Bisogna tenere conto di tanti piani diversi: c’è la scrittura del testo, la parte musicale e il canto, la coreografia, la recitazione, e il coordinamento di moltissime persone tutte sulla scena… sì, scrivere un musical è molto complesso ma è anche un’esperienza che permette a ciascuno di trovare il proprio ruolo. Inoltre, è un tipo di spettacolo molto coinvolgente per il pubblico e permette di comunicare in più modi quello che a me sta a cuore, cioè percorsi spirituali, come quello di Francesco. Bisogna essere molto preparati come autori, ma vi dirò che, se lo Spirito Santo mi sostiene, e forte dell’esperienza che ho acquisito, mi piacerebbe immaginare un musical sulla vita di sant’Antonio

Sarebbe molto interessante! Don Loris, lei ha una bella voce ma nel musical non ha partecipato in prima persona, è stata una scelta?

Sì, mi piace molto cantare ma ho lasciato fare ai giovani.

Che età avevano, in media, i ragazzi?

I sessanta ragazzi andavano dalla prima superiore fino al secondo anno di università, e poi hanno partecipato due ragazzi più grandi che facevano l’Angelo e san Francesco.

Come avete fatto per i costumi?

La Provvidenza si è fatta viva nelle mani di Vittoria Lissandron, la mamma di Silvia, che ha realizzato quasi tutti i costumi di scena… Vittoria ha trovato anche il tempo per aiutarci, insieme alla signora Marta, sono state davvero provvidenziali.

Chi ha deciso i ruoli?

All’inizio mi sono consultato con una parrocchia che aveva realizzato il musical, ma è stato  un lavoro delicato, non si devono urtare sensibilità o creare anche involontariamente delle preferenze. Indubbiamente chi faceva san Francesco doveva essere veramente bravo a cantare e avere tempo e voglia di imparare tutte le canzoni – due ore di spettacolo non sono davvero poche, in scena dall’inizio alla fine. Marco è stato scelto subito; invece per dare il ruolo dell’Angelo c’è voluto più tempo, ma alla fine quelli che erano bravi a cantare hanno tutti avuto spazio, e gli altri hanno trovato da soli il loro posto. All’inizio ho attaccato alla parete dei fogli dove c’era scritto “canto”, “recitazione”, “dietro le quinte”, “costumisti”, “truccatori” e ognuno si è segnato dove credeva. Li ho un po’ organizzati e dopo qualche mese ci sono stati degli spostamenti finché ciascuno ha trovato il proprio spazio. Per esempio, alcuni che si erano proposti “dietro le quinte” si sono appassionati e sono venuti davanti, come quei due ragazzi che avevano proclamato che non avrebbero mai ballato per nessun motivo al mondo, e invece si sono trovati in prima fila a ballare nel musical. E poi siamo stati aiutati in due week end a Rimini dal regista e dalla coreografa che ci hanno bene istruito… Avevamo anche un dvd per seguire la traccia originale.

Quanto tempo avete provato?

Tanto! L’idea è nata due anni fa. Poi durante il Natale del 2011 abbiamo studiato a fondo il dvd e nel primo periodo, fino a giugno, c’è stata una prova ogni quindici giorni; da giugno una prova alla settimana e nell’ultimo periodo anche due tre volte a settimana. In alcuni periodi io ho seguito solo il canto e la recitazione mentre Giulia e Roberto seguivano i balletti.


Andrea: Che cosa vuoi trasmettere ai giovani?

Far capire ai giovani che seguire Gesù non è una cosa triste, ma  una cosa che mette gioia, che è bello seguire Gesù, ma soprattutto che è bello stare insieme. Così è stata anche questa esperienza del musical: al di là dello spettacolo, che è solo un mezzo, il vero messaggio è che è bello stare insieme, è bello che tanti giovani stiano insieme, a cominciare dalle prove del musical e da tutte le altre cose che facciamo insieme, come pregare. E poi penso che i giovani siano un po’ stanchi delle prediche e abbiano invece voglia di vedere, di fare proprio l’esperienza della condivisione, di essere coinvolti. Altrimenti corriamo il rischio di pensare che la fede sia solo un racconto, una storia, che però non fa cambiare niente nelle nostre vite.
E poi penso che sia sempre importante la gioia, e il sentimento di essere innamorati di Gesù; è un sentimento simile a quello che una mamma ha per il proprio bambino, così anche un prete è mosso dall’amore. In particolare, io ho una grande attenzione per i giovani, visto che sono giovane anch’io.

Ora veniamo a domande un po’ più personali, don Loris. Molti ragazzi sono stupiti della sua giovane età e della sua scelta, che nel nostro mondo appare tanto controcorrente. Le vorrebbero perciò chiedere qualcosa riguardo alla sua vocazione: come è arrivata?

Quando ho finito la scuola superiore ho trascorso un anno all’università, ma sentivo che non era la mia strada, così ho cominciato a lavorare. Facevo un lavoro invidiabile agli occhi di molti giovani: ero commesso in una gioielleria importante, un negozio di lusso, nel vicentino (sono originario di Thiene), zona tra le capitali mondiali dell’oreficeria. Ogni giorno trattavo oggetti molto preziosi, ero a contatto con una clientela elegante e nell’ambiente di lavoro ero apprezzato e mi trovavo bene. Facevo, come si dice, una vita “da centro”, completa di colazione al bar e di tutte le comodità. Eppure sentivo che qualcosa non andava, sentivo sempre più chiaramente che quella non era la mia strada. Ho cominciato a interrogare più a fondo la mia fede, che fino ad allora era stata quella comune a molti altri giovani. E mi sono licenziato, con sorpresa e preoccupazione di chi mi stava vicino… Ho partecipato a un concorso per un altro lavoro, che prevedeva la selezione di 350 candidati - e mi hanno scelto: ho interpretato questo successo come un segno che Gesù mi mandava, il segno che ero sulla strada giusta. 
Poi è venuto il rinnovamento profondo della mia fede, la sua espansione, il contatto autentico con Gesù; la fiducia di essere nel suo amore, nella sua guida, ha fatto il resto: l’iscrizione al seminario a Padova — e considerate che nel mio paese nessuno era entrato in seminario da cinquant’anni, e poi a Thiene non si sa nemmeno tanto bene dove sia, il Seminario: Padova e il seminario sono posti un po’ foresti… — e tutti i passaggi che mi hanno portato all’ordinazione.

Beatrice: Quali sono i comportamenti in alcuni ragazzi, se ne ha visti, che le hanno fatto capire che la loro strada poteva essere diventare preti?

Non è che io guardi i ragazzi pensando che uno potrebbe farsi prete. Se alla vostra età qualcuno mi avesse detto che mi sarei fatto prete l’avrei certamente guardato strano. No, secondo me se il Signore vuole che uno diventi prete, be’, lo “perseguita” finché non lo fa capire… a meno che uno non sia proprio duro… 
Vi racconto un’esperienza che mi ha dato tanta gioia. Quando studiavo in seminario  facevo anche l’animatore in parrocchia e c’era uno dei ragazzi che frequentavano il gruppo, che si chiamava Giovanni, il cui fratello era un mio buon amico (sarebbe stato il mio testimone nell’ordinazione sacerdotale: perché anche quando si diventa prete c’è un testimone, come nel rito del matrimonio). Be’, per tornare a Giovanni, questo ragazzino, che era in terza media, era venuto a fare un campo scuola ad Assisi con me, e camminavamo sempre perché quell’anno raggiungevamo a piedi tutti i santuari francescani, ogni giorno un santuario. E questo ragazzino mi chiede com’è la vita in seminario; e io gli racconto che si studia, si sta insieme, si prega, e poi che c’è il Padre spirituale, l’assistente, molte persone disponibili nei tuoi riguardi; poi che il sabato e la domenica si va in parrocchia a fare esperienza… E a Giovanni piaceva quello che gli dicevo del seminario, era molto interessato, così gli ho detto “Be’ chissà Giovanni, forse un giorno potresti andarci anche tu…”. “Ma… non so…”. “Io intanto prego per te”, e ogni giorno dicevo una preghiera per lui… Sapete dov’è ora Giovanni? In seninario… è chierico a sant’Agostino di Albignasego, e quando ci vediamo mi dice sempre che è colpa mia se è in seminario, perché ho pregato per lui… Ma io non gli ho fatto mai nessun discorso del tipo “Guarda che Gesù ti sta chiamando”, semplicemente stavo con lui, giocavo… e adesso è in seminario… È che a volte la vita del prete fa un po’ paura, ma io cerco di far capire ai ragazzi che la scelta sacerdotale non è diversa da altre scelte: ogni lavoro implica delle rinunce, per esempio, così come ogni matromnio implica, per amore, delle fedeltà. Io voglio far vedere ai ragazzi che la vita del prete è una vita normale: anch’io vado al cinema, qualche volta vado in piscina coi ragazzi, andiamo a Gardaland… Semplicemente io sto in mezzo agli altri come prete. Certo, un prete non può far tutto, ma nessun cristiano può far tutto. Seguire Gesù significa anche rinunciare a qualcosa che il mondo ci propone e che ci pare tanto bello…

Miriam: Che cosa ti manca della vita di un normale credente? Beatrice: Le pesano le restrizioni vita da prete?

Sinceramente: non mi manca nulla. E non sono forse anch’io un credente? Non per vantarmi, ma mi sento anche molto più fortunato. Stamattina sono uscito con un giovane e lui era stupito di vedere quanta gente mi salutava, con quante persone ero in contatto. “Ma te conossi tuti!”. “Eh, certo, sono un prete!”.
Io sono molto fortunato perché come prete posso condividere situazioni in cui nessun altro potrebbe o vorrebbe entrare, mentre un prete può condividere tutto, situazioni belle o tragiche, anche terribili come quella successa alla nostra Silvia e alla sua famiglia. Poter condividere con gli altri tutto questo – sì, anche il dolore, per me è una grazia.
E quando sono solo, posso sempre andare a trovare qualcuno, magari per bere un caffè, per conoscersi meglio. Gesù non faceva forse così? Non frequentava forse la casa di Marta, Maria e Lazzaro? Non passa settimana in cui io non sia invitato a mangiare a casa di qualcuno.

Cristian: Con chi sogneresti lavorare nella chiesa?

Con la gente. Mi è sempre piaciuto stare in contatto con la gente, mi piace proprio. Sono prete da così poco tempo, e sto ancora cercando di capire che tipo di prete sono, come ognuno di voi cerca di capire che tipo di persona è. Il mio sogno è proprio questo: stare in mezzo alla gente, e mi chiedo come fare, qual è il modo migliore. Siamo in un’epoca in cui si corre e ognuno pensa per sé, invece per me le cose dovrebbero andare al contrario: prima c’è la gente, e stare insieme con gli altri mi alimenta, alimenta le mie scelte. Anche in chiesa abbiamo tante riunioni e tanti documenti – un po’ come a scuola, adesso, non è vero? – ma io penso che ci sia bisogno di cose più fondamentali: stare in mezzo alla gente, come ha fatto Gesù, che non ha scritto nessun libro ma è stato con tutti, senza giudicarli ma amandoli. Finché non ti senti amato da Gesù vivi da povero.

Quali sono i comportamenti che la preoccupano nei ragazzi di oggi?

Mi preoccupa il fatto che a volte li vedo tanto distratti. Vi voglio molto bene e non do la colpa a voi, ma a chi sta gestendo oggi la società. Io vedo che siamo tutti tanto frastornati. Soprattutto dai media – ora, intendiamoci: io guardo la tv ogni tanto. Ma dopo c’è anche tutto questo mondo di facebook, internet… bello un blog, è una cosa favolosa, però tutti questi strumenti bisogna vedere come li usi… vedo che tanti ragazzi passano le ore con il cellulare, che in sé è comodissimo: se succede qualcosa a mia mamma, mi chiama subito, o posso mandare un avviso con un sms a tutti i ragazzi… ma ho l’impressione che noi usiamo questo mezzo in maniera errata. Tante volte scriviamo in un messaggio delle cose che non abbiamo il coraggio di dire a voce, faccia a faccia… scrivere un messaggio e fare “invia” sembra molto più semplice. I messaggi vanno bene per informazioni, ma se io devo ringraziare qulcuno, per esempio, io chiamo, non mando un messaggio; io lo dico a voce… Anche facebook viene usato in maniera stupida, secondo me. Ogni tanto chiedo ai giovanissimi della parrocchia, che hanno un blog, di mostrarmi che cosa c’è su facebook, ma vedo che c’è su di tutto e di più… tutti commentano la tua vita, tutti si permettono di guardare le tue cose… ci si mette dentro di tutto, anche ragazini della vostra età lo fanno… anche di tredici-quattordici anni. Così io vedo che voi siete frastornati e rischiate di vivere in quel mondo, che non è un mondo reale, è un mondo irreale. Invece dovete vivere in questo mondo, stare insieme. Sono cresciuto senza cellulare e senza internet, ma non sento che mi sia mancato qualcosa. Sento che siete attratti da internet e dai vostri cellulari, ma fate attenzione a non farvene assorbire troppo: state insieme!
Inoltre, oggi mi pare che si sia perso il senso dell’autorità. Vedo i ragazzi che si rivolgono a un adulto senza rispetto. E ognuno fa quello che vuole: io faccio quello che voglio, quello che dico è giusto e degli altri chi se ne frega. Invece bisogna imparare ad ascoltare gli altri, rispettare le regole e gli adulti. C’è proprio la mancanza del rispetto: ognuno fa quello che vuole, con grande individualismo, e questo si ripercuote anche nella società. Chi ci dice, chi vi dice, che cosa è bene e che cosa è male? E se non sapete ascoltare queste parole, come vi troverete? Non si vive bene quando non si può distinguere quello che è male e quello che è bene per se stessi.


Grazie don Loris! 


3 commenti:

Unknown ha detto...

Un'intervista fantastica, mi sembrava di essere un giornalista

Unknown ha detto...

Bella l'itervista!!

Unknown ha detto...

Questa e' stata una fantastica intervista ..
Mi e' dispiaciuto un mondo essere mancata!! Comunque bellissima intervista