mercoledì 29 febbraio 2012

L’inchiesta del giornalino su: la nostra scuola come spazio

La nostra scuola è molto bella anche se non tutti la trattano come meriterebbe.

Infatti alcuni banchi della mia classe (e credo che non siano gli unici) hanno scritte incise  o scritte con  il bianchetto che non vengono più via. Capisco la spesa per acquistarne di nuovi ma queste situazioni si potrebbero evitare se qualcuno avesse più rispetto per le cose di tutti e magari dovrebbe pensare se gli piacerebbe vedere sempre la scritta “ti amo” sul suo banco. Il chewing-gum è una vera indecenza perché moltissime volte si trova appiccicato sotto le sedie o ai banchi perché quando si spostano per le verifiche ci si mette con i banchi spostati fatalità si mettono le mani proprio sulla gomma abbandonata da chissà quanto tempo! E’ anche uno svantaggio attaccare le gomme sotto la sedia, infatti si rischia di mettere le mani sopra la propria gomma.

 Stesso discorso per i bagni: spesso si vedono scritte anche molto offensive fatte col pennarello indelebile perciò bisognerebbe riverniciare il muro (anzi, sarebbe meglio che lo riverniciasse il “colpevole” ). Ma come risolvere il problema? Si potrebbe guardare l’elenco settimanale dove c’è scritto chi e quando va in bagno oppure cercare di riconoscere una scrittura oppure ancora dato che spesso si usano soprannomi che non tutti conoscono la cerchia di persone si restringerebbe.

Nel giardino spesso dopo la  merenda qualcuno getta i rifiuti per terra. Ce ne sono così tanti che nel dopomensa  li usiamo per delimitare il campo da palla guerra. A parte gli scherzi  è un comportamento che andrebbe evitato  anche perché sappiamo di tutti i problemi ambientali del pianeta e anche della città e credo che a nessuno piaccia vedere una discarica nel cortile della scuola!

Mariafiore Tognon 1E

La pace

La pace è una cosa possibile,
la pace è una cosa importante.
Può uccidere quando non c’è;
ci aiuta quando è dentro di noi.
Si può litigare,
ci si può arrabbiare,
ma la pace ce la può fare a riaffiorare.
E infine eccola là,
si inabissa in un mondo di ferite ,
ma le fa chiudere.
Ecco, ringraziamola!

                        Gaia Pulliero 1E

La nostra scuola: migliore e migliorata…

Ciao a tutti, volevo elencare quanto è fornita di materiali scolastici e multimediali
La nostra scuola(scuola media statale Manara Valgimigli) come tutti voi saprete, ha:
  • Lim  (lavagna interattiva multimediale)in ogni classe; dotata di mouse, penna e tastiera.
  • La sezione F ha i tablet al posto dei libri( di questo la nostra scuola è famosa, per l’appunto).
  • Un giardino, anzi, che dico, un parco gigantesco.
  • Dei professori qualificati (ma questo dipende dai punti di vista)
  • Molti laboratori scolastici interessanti
  • due aule computer
Ma ora io mi chiedo, perché , se abbiamo una scuola così, dobbiamo rovinare i bagni, sporcare il giardino e il cortile nel modo in cui tutti sapete? perché trattiamo così male i nostri computer e cose di vario genere? Ma soprattutto, perché i responsabili di queste cattiverie, non saltano fuori? Perché dobbiamo rovinare qualcosa, che dopo noi stessi usiamo a diversi scopi?

Io proporrei una soluzione: prendo l’idea di una mia compagna di giornalino scolastico, di cui non faccio il nome. Se potessimo usare un bel barattolone di vernice (magari rossa, per dare un tocco d’allegria) e dipingere tutte le pareti del bagno, coprendo così tutte le scritte? io mi faccio volontaria!

E se mettessimo in giardino più bidoni, meno grossi? Forse non elimineremmo il problema delle cartacce, ma credo che lo diminuiremmo di molto.
E se qualcuno della redazione avesse qualche altra idea, be', si faccia avanti, io ho detto la mia!

Lisa Milan

Il cavallo che volava nel buio

C’era una volta un cavallo di nome Bubu e una cavallerizza di nome Francesca.

Una notte buia Bubu e Francesca uscirono e andarono nel campo del maneggio. Trottavano e galoppavano sempre più veloci, quando il cavallo si fermò. Davanti a loro si aprì una porta che portava verso il tramonto. Allora Bubu e Francesca partirono al galoppo e lo seguirono. Attraverso prati, deserti,monti e praterie. La criniera e la coda presero fuoco, gli arti ormai andavano da soli.

Cominciava a far sempre più caldo, perché si avvicinavano sempre di più al tramonto. Durante il viaggio, Bubu  trovò un compagno. Il suo nome era Load Star. Era un cavallo tutto bianco con la criniera d’argento ed insieme riuscirono ad attraversare il grande oceano, fino ad essere arrivati. Bubu non era stanca e felici spiccarono il volo in mezzo alla luna, alle stelle e ai pianeti. Ormai era mezzanotte,allora la cavallerizza e il cavallo uscirono dalla porta e ritornarono nel campo del maneggio. La cavallerizza sussurrò delle bellissime parole a Bubu  e contenti si misero a dormire pensando alla bellissima avventura che avevano vissuto!!

Silvia Sattin

La chiave dei sogni

Guardo fuori dalla finestra: piove.
Il cielo è coperto da nuvole grigie e tutte le tonalità di verde del mio giardino si sono mescolate in un unico, malinconico, verde scuro; come quando si lascia cadere una goccia d’inchiostro nero su di un disegno fatto da poco con gli acquarelli.
Mi trovo in cucina, circondata da computer, televisione … eppure nessuna di queste cose sembra interessarmi quanto quella finestra e quel monotono panorama.
Non so da quanto tempo sono qui.
Non so per quanto altro tempo vi rimarrò.
Non saprei cos’altro fare, se non starmene appollaiata su questa sedia a guardare piovere.
Improvvisamente mi accorgo che, ai piedi della grande magnolia che sovrasta tutte le altre piante, c’è qualche cosa che luccica; mi alzo senza sapere perché, infilo l’impermeabile, prendo l’ombrello ed esco.
Una volta fuori mi dirigo verso il punto nel quale, poco prima, avevo visto lo strano bagliore; inizialmente non vedo nulla ma, scostando con la mano un ciuffetto d’erba, noto una piccola chiave di metallo.
La raccolgo e me la rigiro tra le mani. 
È davvero minuscola e, dalla sua superficie lucida, deduco che non può trovarsi lì da molto tempo.
È  chiaro che non si tratta di tipica chiave ma la cosa che più mi colpisce è la strana forma della sua scanalatura, che, a  differenza di quella di tutte le altre chiavi, è composta esclusivamente da linee curve.
Alzo gli occhi al cielo per cercare di capire da dove provenisse la luce che, facendo brillare la chiave, mi aveva permesso di trovarla.
Rimango davvero stupita nel constatare che non proveniva dal sole dal momento che le nuvole coprono ancora completamente il celo.
Mi guardo attorno in cerca di un’altra possibile fonte di luce ma non trovandola, rivolgo un ultimo sguardo al giardino e rientro in casa.
Mi sfilo l’impermeabile e le scarpe infangate senza smettere di fissare la misteriosa chiave; una moltitudine di domande mi ronzano in testa  facendo un rumore insopportabile ma quella che mi disturba maggiormente è: quale porta si potrà mai aprire con una chiave del genere?
Cerco nella mia memoria ma non trovo nessuna porta che potrebbe avere una serratura così bizzarra!
Scuoto la testa e mi rimetto a fissare la chiave consapevole del fatto che, curiosa come sono, non avrò pace fino a quando troverò la serratura e aprirò la porta.
Decido dunque di legarla ad uno spago e di farci una collana in modo che,  non appena  troverò una serratura abbastanza curiosa, proverò ad infilarci la chiave e scoprirò qual è il segreto di quel piccolo oggetto.

È circa mezzanotte ed io sono sdraiata sul tappeto della mia stanza.
Faccio così da sempre: quando da piccola non riuscivo a dormire, mi alzavo dal lettino e mi portavo il cuscino sopra al tappeto.
Ero convinta che fosse un tappeto magico come quello di Aladino e che, dormendoci sopra, potessero accadermi cose magiche.
Ormai non faccio più queste fantasie infantili ma ho conservato l’abitudine.
Ma, torniamo a noi: sono sdraiata a terra quando improvisamente sento un rumore;  non mi alzo, rimango in ascolto, non si tratta di un rumore qualsiasi, sembrerebbero dei passi, non pesanti passi umani, passi felpati, come quelli di un gatto…
La porta si apre appena ed i miei occhi, ormai abituati alla penombra della stanza, vengono investiti da una forte luce dalla quale vengo costretta ad abbassare le palpebre.
La luce si affievolisce ed io riapro gli occhi, mi guardo attorno e scopro di non essere più nella mia stanza.
Mi trovo in uno strano luogo, tutto è bianco,  all’orizzonte non c’è nulla; sento una strana voce, mi giunge come un eco lontano, come se provenisse da dentro di me.
Rimango in ascolto:
- Tu sei la ragazza che ha trovato la chiave, vero?
Annuisco e la voce continua:
- Hai scoperto quale porta apre?
Scuoto la testa, sono perplessa; come fa a sapere tutto quello che mi è successo?
Sono una ragazza curiosa ma, in questa occasione, non oso chiedere nulla così lascio che la voce proceda:
- Non ti preoccupare, sono qui per insegnarti come utilizzarla … vedrai, saprò sorprenderti!
Non ne dubitavo.
Dopo una breve pausa la voce continuò:
- Hai certamente notato che non è una chiave qualunque; esiste una sola chiave di questo tipo, questa è la chiave per controllare i sogni.  Con questa avrai il controllo totale delle tue avventure ad occhi chiusi.
Sorrido meravigliata e felice per l’inaspettato regalo; dopo di che la luce diviene nuovamente insopportabile ed io sono costretta a chiudere gli occhi per la seconda volta.
Quando li riapro mi trovo nella mia stanza, sdraiata sul tappeto.
Mi alzo e mi infilo nel letto; prima di addormentarmi stringo forte la chiave che porto al collo e chiudo gli occhi, con la certezza che sarà una notte indimenticabile.
Ilaria Scarabottolo 3A

Un'amica diversa

Mattina d’inverno:
sto guardando il passerotto,
che zampetta sulla neve,
becchettando qua e là,
alla ricerca di che mangiare…

Sto osservando l’uscio di una casa,
che sbatte per via del vento,
impetuoso,potente,
che sparge dappertutto
la povera neve.

Scorgo un filo d’erba,
che spunta dalla neve,
e si agita violentemente.

Vedo una volpe che esce dal cespuglio,
che annusa l’ambiente,
probabilmente mi ha sentito,
ma non mi muoverò,
perché se scappo,
scapperà anche lui, rinunciando a mangiare.

Lui s’avvicina,
 gira intorno a me con fare circospetto,
per poi sfiorare il muso contro la mia mano.
Quanto soffice il suo manto!
L’accarezzo volentieri,
passando per le orecchie
 e per il muso.

Ma d’un tratto
si  leva in cielo una lamento stridulo
e la volpe corre via.

Sarà stato il verso d’una preda,
o il richiamo d’uno dei suoi cuccioli,
a far scappare la mia amica
non si sa,
ma lo lascio andare per la sua strada.
Non importa se non tornerà,
ma io lascio il pezzo di carne,
che gli ho riservato,
poggiato sul bianco candido della neve.              

Lisa Milan 1E

Barzellette di un cervello modello...

1. Qual è il colmo per il cantante Zucchero? Bere un caffè amaro!

2. Che cosa cerca signore?
Il mio cappello!
È di feltro, marrone con il bordino più chiaro?
Esattamente!
Allora guardi che ce l’ha in testa!
Oh, mille grazie, che distratto sono! Se non era per lei sarei andato a casa senza …

3. La fabbrica di carta igienica chiude! Gli affari andavano a rotoli!

4. Io non ci voglio andare a scuola!
Perché?
Perché mi picchiano, mi prendono in giro e non mi piace!
Giovanni non fare i capricci, hai 50 anni e sei preside di quella scuola!

5. Due gatti si incontrano, uno dice all’altro: “Come vanno le sette vite?”.

6. “Dottore! Mi cadono i capelli!”. E il dottore: “ Via che ho appena spazzato!”.

7. Che ci fa un KAMIKAZE ad uno spettacolo di cabaret? SCOPPIA dalle risate!

8. Un civile:“Signore c’è un pazzo che fa scherzi telefonici!”. Poliziotto: “Mi descrive l’ aspetto?!” Si, è basso e pesa 900 Kg! Poliziotto: “Ma è impossibile!” e il civile: “Glie l’ ho detto che sono pazzo!”.

9. Il giudice all’imputato: “ Lei ha gettato sua suocera dal terzo piano, come si dichiara?! L’imputato: “Colpevole! Ero fuori di me! Avrebbe potuto colpire un passante!

10. Una stufa ad un’ altra: “Wow, domani c’è la maratona delle stufe!” e l’ altra: “Allora è meglio che cominci a fare riscaldamento!”.

11. Una persona va in un negozio di frutta e verdura e chiede un kg di mele. Il fruttivendolo chiede: “Le vuole rosse o verdi?”. “ Tanto è uguale, le sbuccio”.

Enrico Basso

Il mito dell'arcobaleno

Questo mito vuole spiegare l’origine dell’arcobaleno. In questa storia si parla di una ragazza che si vantava della sua bellezza e bravura, ella era da tutti amata e le regalavano sempre molte rose, tulipani e altri fiori di ogni tipo; la ragazza aveva così tanti fiori che ne fece una serra immensa. Ad Afrodite dava fastidio il suo comportamento e diventava “rossa dalla rabbia” ogni volta che pensava  a quella ragazza. Un giorno la fanciulla, siccome era brava nel fare composizioni floreali e tanto bella, decise di sfidare Afrodite, dea della bellezza, in quest’arte. Il giorno seguente le venne incontro un’anziana che le disse:
– Non ti conviene sfidare gli dei … -
– Vorresti insinuare che non sono brava e bella?-.
Ed ecco che l’anziana signora si tramutò in Afrodite:la sfida era incominciata e incominciarono a piantare i fiori. Lo scopo era di fare la composizione più bella. Alla fine Afrodite guardò il lavoro della ragazza, era veramente ben fatto. Entrambe le composizioni erano bellissime e Afrodite non sapeva cosa dire.
Infine decise di bandire la giovane per l’eternità perché era stata talmente brava che poteva sfidare gli dei. Eros ebbe pietà della fanciulla, quindi per ricordarla decise che la composizione floreale da lei eseguita poteva diventare una cosa da ammirare.
La giovane si chiamava Arco e aveva fatto in un baleno quella composizione, ecco perché “arcobaleno” è il nome di quella striscia di colori che attraversa il cielo dopo la pioggia in alcune giornate. Adesso, quando vedete quell’arco colorato, bisogna che ricordiate questa storia e la bella Arco.

Elena Lanzarini 1E

giovedì 23 febbraio 2012

Padova Medioevale


Uscita didattica classe 2E

Martedì, 15 novembre 2011, il dottor Marchi è venuto nella nostra scuola per farci una lezione teorica su Padova comunale. L’esperto, che fa parte dell’associazione Archoed, ci ha ricordato che l’Italia era suddivisa in molti stati. I più grandi erano la repubblica di Venezia, il regno Normanno di Sicilia, il regno Germanico e il Sacro Romano Impero Germanico. Le città erano tutte circondate da mura e spesso attraversate da un importante fiume, utile per fermare le invasioni. Possedevano inoltre una fortezza e una porta d’ingresso. Tutte le famiglie nobili avevano e mettevano ben in mostra molte torri, più alte erano, più simboleggiavano potere e forza. Il vescovo era la figura più importante della città e possedeva una dimora molto vasta e sontuosa, il vescovado. I nobili volevano diventare cittadini per paura che i loro territori venissero conquistati e per fare parte del consiglio degli anziani. La prima università fu costruita a Bologna, ma un gruppo di studenti e docenti si spostarono a Padova e ne fondarono una nuova: il Bo. Il nome deriva da una vecchia trattoria, il Bove, situata esattamente dove sorgerà l’università. Ci ha spiegato, inoltre, che i comuni italiani erano diversi da quelli del dal resto d’Europa perché erano autonomi. Tutto ciò lo mostrò e lo spiegò attraverso la L.I.M., usufruendo di immagini e di documenti storici. Una settimana dopo, il 22 novembre 2011, siamo andati in uscita a Padova, per visitarla, sempre con la stessa guida. Appena ritrovati, ci dirigemmo verso ponte Molino, formato da 5 arcate, l’esperto ci ha mostrato le mura, composte all’interno da pietre ammassate e irregolari non resistenti, mentre all'esterno da pietre regolari più resistenti. Abbiamo visto la fortezza e la porta Molino, attraverso la quale siamo entrati. Abbiamo percorso tutta via Dante, osservando vari particolari architettonici. Le case nobili erano sostenute da colonne, poste su dei plinti massicci e resistenti. I nobili abitavano al primo piano dato che al piano terra, c’era troppo rumore, invece per raggiungere bisognava salire troppe scale e per questo veniva riservato alla servitù.
Così, il loro livello, venne ornato da grandi finestre e raffinatezze. Tra il primo e il piano terra alcune famiglie si insediarono e diedero vita ad un piano intermedio, il mezzanino. 
Arrivati al Duomo ci siamo fermati e abbiamo fatto merenda. Poi siamo andati alla piazza dei Signori e abbiamo ammirato il grande orologio, mancante del segno della bilancia, simbolo della giustizia che in quella occasione non c’era stata per la poca paga che il costruttore aveva ricevuto. Siamo arrivati poi al battistero e lì ci siamo fermati ad ascoltare le spiegazioni. Siamo andati poi nella piazza dei frutti, abbiamo osservato il palazzo della giustizia, con quattro scale, due a nord, due a sud. Dopo aver ammirato la vecchia prigione, una volta collegata all’antico tribunale da un ponte. Abbiamo ammirato il palazzo delle Debite, al cui angolo si trovava la pietra del Vituperio. Chi non pagava i debiti veniva condannato all’esilio in soli pantaloni di tele, e i suoi beni venivano ritirati dopo che egli avesse pronunciato per tre volte la frase: “Cedo Bonis”, cioè rinuncio ai miei beni. 
In seguito siamo andati in piazza delle Erbe e all’università del Bo, in cui si trova la statua di Elena Cornaro, e dove si trova la campana del Bo, suonata dagli studenti in segno di protesta e per la morte dei professori. L’ultima volta in cui venne suonata per la difesa della giustizia  fu nel 1848. Abbiamo potuto toccare, osservare e commentare la tomba di Antenore, fondatore, secondo la leggenda, di Padova. Infine la guida ci ha mostrato la villa dei Carraresi, da cui partiva una lunga strada sopraelevata, tra le mura. Abbiamo insomma ripassato, approfondendo il programma di storia. E’ stata un’esperienza educativa, straordinaria! Proporrei di ammirare anche l’interno delle strutture storiche e di visitare altre città, confrontandole con Padova. Mi ha colpito molto l’orologio e la sua storia, la grandezza e la vastità di Padova. Ho osservato molte strutture e palazzi nuovi, ho scoperto nuove cose e ho fatto un passo avanti verso la conoscenza della mia storia…
Giorgia Urbani