giovedì 2 maggio 2013

La maledizione della principessa


In una verde, grande radura ormai dimenticata da tutti, vivevo io, Melissa, una piccola principessa con lunghi capelli lisci e corvini, sempre intrappolati in una treccia perfetta rifatta ogni mattina da mia madre e talmente viziata da non comprendere il mio futuro, ovvero quello di diventare per forza una grande e forte regina di un regno talmente piccolo e insignificante, da non essere nemmeno rappresentato sulle cartine geografiche.
Scarpe, borsette luccicanti e trucchi sono cose da cui non mi sono mai separata. Per questo mio padre mi riteneva“priva di classe”.
Da quando avevano assunto la mia tata, non avevo quasi più passato un momento con loro, fino a quando…

Nei miei diciotto anni non mi ero mai soffermata sulla questione “scegliere marito”. Per me fu come risvegliarmi da un lungo e profondo sonno in cui pensavo che in una sperduta foresta priva di sudditi ma soprattutto di uomini, (come quella in cui ero nata) non avrei mai dovuto preoccuparmi di questa questione.
I miei genitori, ormai vecchi, mi fecero presente la situazione in cui mi trovavo e mi dissero che la settimana seguente sarei partita per un viaggio nella città vicina, in cui sarei stata una semplice donna di paese. Solo quando avrei trovato l’uomo che mi amava, gli avrei confidato di essere una principessa, altrimenti una terribile strega avrebbe ucciso i miei genitori e si sarebbe impossessata di tutto il regno entro i prossimi mesi. Ero combattuta. Sapevo che prima o poi mi sarei dovuta sposare, anche se era sempre stato l’ultimo pensiero per me, dall’animo ancora bambino; ma mai, mai, mai avrei creduto che sarei stata costretta a farlo perché sotto una tale minaccia. Quel pensiero, talmente reale e vicino, mi tormentava ogni notte.
Se c’era una cosa che non sopportavo era passare le notti insonni. Sapere che tutti stanno riposando tranquilli mentre io rimuginavo sulle mie giornate, era sconfortante.
Dovetti partire. Durante il viaggio pensavo a quanto ero stata fortunata fino a quel momento ad avere una carrozza che mi trasportava dappertutto perché ora, invece, sentivo un gran male ai piedi.
Cercai di distrarmi. Vidi tanti paesaggi.

Dopo poco la radura a me tanto familiare si trasformò in un bellissimo bosco dall’atmosfera magica.
Gli alberi, talmente alti che tagliavano le nuvole a metà creavano strambe figure incomprensibili.
Qualche passero cinguettava impaurito e, come se non fossi sola, sentivo il rumore dei rami che si spezzavano al passaggio di qualcuno o qualcosa.
Cominciai a sentir freddo e anche paura perché la cosa che mi spaventava di più in cuor mio era avere la possibilità di incontrare la strega.
Quello che non capivo era perché non mi avesse uccisa prima… Come capire i pazzi?
“Di certo non mi troverei in questa situazione se non fossi stata così sciocca da aspettare l’ultimo momento per trovare marito” pensai. “Non avevo mai pensato a questo argomento perché c’erano sempre i genitori, la tata e tutti i miei domestici a concentrare le loro attenzioni su di me, ma ora..”
Sentii uno strano suono; quello di prima. Gli arbusti... “Forse è un animale..” pensai.
Capii che non lo era. Il rumore si faceva sempre più forte ed assordante. Riuscii a comprenderne il significato.
“Aiuto!” sentivo.
“Aiutatemi”.
La nebbia che si era creata di certo non era d’aiuto ma riuscii a intravedere una sagoma di donna.
“Chi va là?” Gridai con tutta la forza che avevo in corpo.
“Aiuto!”sentivo solamente queste parole. Così decisi di correre verso quella sagoma che si avvicinava sempre più. Anche se in modo brusco, scontrandoci, ci trovammo.“Chi sei?” Dissi.
“Mi chiamo Teodora...Vengo da un villaggio qui vicino. Essendo una sua domestica,dovevo portare alla principessa qualche erba strana per una nuova tesi sulle piante del regno. Non vedevo l’ora di fare bella figura e invece mi sono persa.”
“Non preoccuparti. Anch’io mi sono persa. Devo raggiungere la città non poco distante per un’importante commissione.”
“Io però non so ancora come ti chiami. Qual è il tuo nome?” Disse Teodora.
“Mi chiamo Melissa… devo andare anch’io per queste parti, magari potremmo fare la strada assieme, così eviteremo di perderci.”
Certo non cercavo un’amica ma l’idea di non rimanere sola non mi dispiaceva. Durante la strada parlammo molto. Più che altro era Teodora che parlava; sono sempre stata più brava ad ascoltare, fin da piccola.
Forse era per colpa degli innumerevoli insegnamenti di mia madre: “Una principessa non deve mai parlare troppo” oppure “Dì la tua opinione solo quando ti viene richiesta”.
Dovevo ammetterlo, qualche volta la odiavo. “Non sarei in questa situazione se qualche volta avessi aperto bocca.”
Teodora, durante il viaggio, mi raccontò un sacco di cose sulla principessa del suo regno. Si chiamava Isabella e ovviamente era l’esatto opposto di me; l’ideale di figlia perfetta per mia madre. Era bionda, con grandi occhioni azzurri del colore del mare. Alta e magra, onesta (non che io non lo fossi) gentile, garbata, cordiale, simpatica e premurosa e bla, bla, bla…
L’importante però è che lei, pur avendo la mia stessa età, aveva già trovato il suo principe: Alessandro.
Credo che Teodora sia l’unica serva al mondo che adori la sua principessa. Io non la sopporterei proprio,soprattutto se l’avessi come sorella perché mia madre direbbe “Prendi esempio da tua sorella Isabella, perché non sei come lei!?!”.
Il viaggio terminò con un elenco delle innumerevoli qualità artistiche di Isabella. Questa qui già la odiavo.
Teodora invece era molto simpatica,non avevo mai trovato una persona così amichevole come lei. Poco dopo finita la nostra chiacchierata riuscivo a intravedere il castello della famiglia di Isabella.
 Era molto diverso dal mio: mattoni bianchi con le cupole delle torri blu, ordinato e pulito. Se l’avessi saputo prima non avrei esitato a fare pochi chilometri per venire qui qualche volta.
“Se vuoi ti posso ospitare nella mia stanza nel castello” disse Teodora.
Io non esitai a rifiutare, altrimenti dove sarei andata?
Per arrivare al castello passammo per il paese. Odiavo la solitudine del regno, mio e dei miei genitori e fui molto contenta di vedere che c’era un sacco di gente. Ho sempre amato la compagnia. Anche se delle volte può essere spiacevole. L’unica uscita che avevo fatto nei miei diciotto anni, era stata per il funerale di mia nonna, forse è per quello che ho un brutto ricordo; soprattutto se hai cinque anni e davanti a te c’è un omone che ti blocca la visuale (secondo l’etichetta non si deve dar fastidio, anche se si tratta di una bara). Speriamo che questa volta tutto vada per il meglio.
Durante la passeggiata in paese trovai molto differenze. Qui la gente era socievole e amichevole. Quasi tutti durante il tragitto mi avevano salutata. Solo adesso mi rendo conto di quanto io sia senza amici. C’era un buon profumo di pane appena sfornato e di fresie. Sono i miei fiori preferiti. Inoltre c’erano molti potenziali pretendenti. Teodora mi spiegò un sacco di cose. Durante l’estate fiorivano gli uleali, dei fiori molto particolari di colore indaco con delle sfumature bluastre e un profumo di rose e violette. Erano ancora meglio delle fresie… diceva. La regina, Anna, amava lo sport e il marito Edoardo, follemente. Teodora disse che non erano i tipici re e regine che si sentono nelle favole. Guardavano la televisione, giocavano a battaglia di cuscini con la figlia e non esitavano a dare feste di ogni tipo, soprattutto nella bella stagione. Nelle occasioni sapevano dirigere il regno e farsi rispettare. Inoltre erano aperti alle novità. Un giorno, il popolo fece assaggiare loro la pizza e, da quel momento, divenne il loro cibo preferito. Ah, se anche i miei fossero stati così comprensivi e divertenti!
Arrivata al castello, mi resi conto di quanto la vita in questo paese fosse tranquilla e spensierata e anche di quanto Alessandro, il promesso sposo di Isabella, fosse terribilmente carino. Il re e la regina ci salutarono e poco dopo arrivò anche Isabella, seguita da Alessandro che le stava appiccicato come un lecca lecca. (Questo non era per niente regale…)
“Ciao Teodora” dissero tutti quanti in coro. E io cosa sono? La ruota di scorta? A quanto pare da queste parti la gente non presenta i nuovi arrivati, così decisi di sbrigarmela da sola. “Chi fa da sé fa per tre”. Così diceva mamma. Dio quanto mi mancava!
Feci un bell’inchino privo di errori: non inciampai, i capelli non si scompigliarono e il mio sorriso, dallo sguardo compiaciuto del re, non era sembrato una smorfia.
“Sono Melissa. Sono una nuova paesana. Ho incontrato la vostra domestica Teodora nel bosco e gentilmente si è offerta di portarmi qui al castello per farmi presentare alla famiglia reale.”
“Avete alloggio?”
Raccontando un’enorme bugia, dissi che non avevo una casa perché i miei genitori erano appena morti e non avendo i soldi per pagare l’affitto, mi avevano sfrattato. Ero molto sola e affamata ecc.
Odiavo dire le bugie ma mi avevano costretta e tutto sommato, non ero stata così penosa, tanto che anche se la regina Anna mi guardò un paio di volte sospettosa, accettarono di accogliermi. In cambio però, avrei dovuto far parte del servizio di pulizia. Sarei stata collega di Teodora.
 Non vorrei sembrare presuntuosa, ma che una aspirante regina debba chinarsi a terra per pulire i pavimenti dei castelli altrui è inconcepibile (modestie a parte).
Anna ed Edoardo dopo avermi cordialmente salutato, si congedarono e Teodora dovette andare nella camera di Isabella per mostrarle le erbe che aveva raccolto per lei. Restammo soltanto io e Alessandro.
Sulle prime mi sembrava simpatico ma dopo il primo minuto di indescrivibile imbarazzo, capii che lo avevo sopravvalutato.
“Così sei nuova?”
Ma che razza di domanda era!?! Avevo fatto il mio più elegante ed educato discorso per scongiurare re e regina di darmi un posto dove dormire, in cambio di sgobbare dieci ore al giorno e ‘sto aspirante re delle mie scarpe firmate (altro che stivali), mi viene a dire che sono nuova? Non credevo che esistessero uomini talmente stupidi. Meno male che Isabella non se ne era accorta. Forse era anche lei così. Chi se ne importava di come la pensava il principino...
“Nooooooo… per niente. Ho solo voluto far credere di non conoscere questo posto tanto per divertirmi e vedere le reazioni della regina Anna e del re Edoardo ma in realtà ho 60 anni e tu sei il ragazzo più simpatico che abbia mai conosciuto”. Come no!
D’accordo forse avevo esagerato ma solo un pochino. Okay, molto.
“Che caratterino” rispose.
“Sei tu che mi hai provocato…” Perché dovevo essere così testarda da rispondere in questo modo?
 Avrei dovuto tenermi tutto dentro e da vera principessa in cerca di marito, rispondere semplicemente “si”.
Comunque non mi interessava del suo parere e poi si stava per sposare. Alla fine del mio ironico commento ha continuato con una domanda assolutamente idiota.
“Ti stai per sposare anche tu?”
“Perché, ti interessa?” decisi di giocare un po’con lui, tanto sarei rimasta qui al massimo per otto mesi e se non avessi trovato marito comunque non me lo sarei perdonato. Se non mi sposavo, una terribile strega avrebbe ucciso i miei genitori e si sarebbe impossessata di tutto il regno. Avrei dovuto rimboccarmi le maniche…
Non volevo rimanere orfana. Non volevo gestire un regno completamente sola. Non volevo rimanere sola.
“Comunque si. Mia sorella (grande bugia. Ero figlia unica…) mi sta aiutando a organizzare il grande evento. Mi dispiace molto che mio padre non potrà accompagnarmi all’altare”.
 Che mente perfida che avevo. Sempre stata una mia caratteristica.
Sussultai. All’improvviso Alessandro mi abbracciò. Aveva un odore dolce di zucchero filato e menta. Che delizia! Non me lo sarei di certo aspettato. Ci conoscevamo da cinque minuti e avevo cambiato tre volte idea su di lui. Era affettuoso e comprensivo e anche carino. Era alto e magro ma con belli addominali scolpiti sotto il vestito ingombrante. Capelli lisci castano chiaro, profumati , corti e ben curati e due grandi occhi azzurro oceano.
“Ti capisco. Mia madre ha una grave malattia e non credo resisterà ancora per molto”.
 Isabella non era stata così poco furba. Era veramente sincero e spontaneo. Se non fosse che si stava per sposare. Perché i migliori sono sempre già occupati? Come avrei fatto a cercare marito se ora lavoravo tutto il giorno e non potevo uscire dal castello? Ci avevo pensato solo adesso.
Giuro che alla prima ragazza che incontrerò per strada consiglierò di architettare bene i propri piani, soprattutto se si deve sposare in meno di un anno.
“Non preoccuparti. Cerca di farle vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Non farla sentire una donna destinata a restare qui non ancora tanto. Falle provare ogni cosa e ripetile che le vuoi bene…”
 Da dove mi erano uscite queste parole? Non avevo mai parlato in modo così profondo a una persona, specialmente se la conoscevo da poco. Ora mi sentivo davvero in colpa per le bugie che gli avevo riferito ma avrei perso credibilità se dopo solo cinque minuti mi fossi smentita. E poi mi aveva raccontato anche di sua madre. Ora come potevo non ferirlo. Ah che guaio. Quando sarei diventata matura? Forse mai ma dipendeva solo da me.
Decisi che non mi sarebbe importato e che d’ora in poi avrei scambiato solo poche parole, così da poter evitare l’irresistibile voglia di dirgli che in realtà nei primi quindici minuti della nostra conoscenza, gli avevo mentito.
Mentre cercavo una scusa gentile per scrollarmelo di dosso, arrivò Isabella che senza badare alla mia presenza, si fece accompagnare dal suo quasi sposo a fare una graziosa passeggiata, sotto il sole tenue di aprile, come due veri e propri innamorati. Esteriormente erano una coppia perfetta ma non ero convinta dei loro sentimenti. Forse non avrei dovuto farmi tutti questi problemi da adolescenti, affari loro se il matrimonio sarebbe andato in frantumi.
Il mio primo giorno di lavoro fu estenuante. Non ero abituata a tutto questo sforzo. Solo ora capivo perché Teodora se la prendeva comoda dal ritornare a palazzo.
Mentre lavavo il pavimento della camera di Isabella (umiliazione totale), trovai il momento giusto per chiedere a Teodora di venire con me in paese a fare una passeggiata e a divertirci. Dopo frasi di convincimento accettò.
Finche ci dirigevamo al secondo piano per una stretta e ripida scala a chiocciola, incontrammo un’altra domestica, a cui Teodora chiese dove si trovasse la principessa.
Andammo a cercarla e, dopo pochi minuti, la trovammo intenta a leggere un romanzo con Alessandro. Il mio cuore accelerò. E no, ‘sta volta no. Non mi sarei innamorata di qualcuno che si stava per sposare, con il mio capo di lavoro, per giunta. Mortificai i miei sentimenti che stavano prendendo il sopravvento velocemente. Teodora mi fece segno di aprir bocca, dato che l’idea era stata mia.
“Mi dispiace molto disturbarvi ma io e Teodora saremo liete se la principessa Isabella si potesse assentare per qualche minuto. Dovremo chiederle un piccolo favore.”
La principessa, con mia sorpresa non esitò e dalla veranda ci spostammo al centro del giardino.
“Dato che questa è la mia prima sera qui le volevo chiedere se io e Teodora potessimo assentarci per un paio d’ore per conoscere meglio il paese e stringere nuove amicizie. In poco tempo, se lei mi darà
l’opportunità, potrei andarmene dal castello e non recarle più disturbo.”
Ancora una volta disse di si e poche ore dopo uscimmo. Il paese era proprio come lo avevo immaginato.
Piccolo ed accogliente, pieno di gente che si divertiva ma come in tutte le favole, c’è sempre qualcosa di inaspettato. Infatti non mi sarei mai immaginata che avrei trovato il principe Alessandro ad ubriacarsi con i suoi amici. Per fortuna Teodora non lo notò così, anche se non dovevo, avrei potuto fare due chiacchiere con lui sulla questione.
Dissi che andavo al bar per prendere uno spritz. Così feci, anche se “accidentalmente” incontrai il principe.
“Ehi! Potrei rubarti cinque minuti a i tuoi amici?”
Ci assentammo e sorprendentemente disse:”Senti, lo so che sei qui per farmi una della prediche più lunghe al mondo. Isabella è perfetta ma non è quello che voglio. Il mio sogno è viaggiare per almeno due anni nei quali capirò chi sono, da solo. Mi capisci?”
“Eccome!” Ero sincera. Avrei voluto anche io viaggiare perché gli unici posti che avevo visto erano stati il mio castello e questo regno. Era il mio più grande sogno da quando ero cosciente. Mollare tutto, conoscere persone nuove, posti nuovi, cose nuove…
Mentre stavo già andando verso Teodora con due bicchieri di Aperol, Alessandro si girò e mi disse:”Stai attenta, c’è qualcosa che non va in Isabella”.
La serata passò in fratta e io e Teodora dovevamo tornare al dormitorio; senza nessun nuovo incontro. Ancora una volta.
Dormii come un sasso, anche se il sonno da due giorni a questa parte, non era mai abbastanza. Quanto mi mancavano i regali pisolini pomeridiani sul mio letto a baldacchino!

Finii di fare le mie faccende quando mi ricordai di non aver spolverato i soprammobili della stanza della principessa Isabella.
Entrai e, con grande sorpresa, la trovai intenta a ripetere formule strane sulla sua poltrona preferita, vicino al tavolino di legno d’ebano, sul quale era appoggiato un grosso libro rilegato in cuoio con una scritta incomprensibile che non ricordavo di avere mai visto prima nella sua stanza.
Notai una cosa imparata nel mio castello. Quando Gertrude, la mia cameriera, voleva nascondere qualcosa alla mia vista, automaticamente, senza volerlo, si spostava per nasconderla. Lo stesso fece Isabella.
Dietro la sua schiena scorsi una fessura sul muro. Ma non poteva inventare qualcosa di più originale?
Subito disse:” Secondo lei, gli orari di pulizia servono a qualcosa signorina Melissa? E se proprio doveva rimediare a una sua dimenticanza poteva almeno bussare prima di entrare!!!”
Non la vedevo mai in camera sua, così senza pensare ero entrata.
Trovò una scusa per buttarmi fuori e, chiusa la porta, la sentii ricominciare a borbottare quelle strane formule di prima. Ora capivo ciò che Alessandro mi aveva riferito la sera prima lasciandomi insospettita. Chissà quante volte l’aveva sorpresa a farneticare…
C’era da avere paura di quel bel faccino della principessina? Evidentemente si.
La mattina seguente, con mia sorpresa e quella di tutti, il re e la regina convocarono l’intero personale nella sala da ballo per comunicare importanti notizie.
Dato che non era mio compito mantenere in ordine e pulizia la sala da ballo, l’avevo visitata solo due volte.
Era grande e imponente. Lì si tenevano tutte le feste e una volta all’anno, per il compleanno informale della principessa Isabella, si trasformava in una fantastica discoteca, dall’acustica spettacolare.
Solitamente era decorata da mazzi di fiori composti appositamente ogni settimana, grandi specchi
d’argento rovinati dal tempo e dipinti che decoravano le pareti. Era un bel posto ma non il mio preferito perché, per la grandezza, non era abbastanza intimo e riservato. Ovviamente sarebbe stato il posto preferito dei miei genitori che possedevano soltanto un piccolo salottino dove dare feste.
A quanto dicevano le voci di corridoio, poi confermate nella sala, Alessandro e Isabella, o meglio Isabella aveva anticipato le nozze. Ma perché se non voleva sposarsi il principe non aveva detto niente? E questa storia dell’anticipazione per un matrimonio semplice mi suonò davvero strana.
Non può esistere principessa al mondo che non voglia il proprio e possibilmente unico matrimonio pomposo e regale; specialmente se si parla di una persona come Isabella.
Più tempo passava più le parole della sera in cui avevo incontrato il principe acquistavano senso.
C’era sotto qualcosa. Evidentemente erano troppe le coincidenze…
Decisi che, anche se era rischioso, quel pomeriggio “avrei pulito più approfonditamente la stanza
dell’aspirante regina…”
Collegai tutto quello che avevo visto, sentito,notato e che apparentemente poteva sembrare insignificante.
Una cosa però era chiara:Isabella era una strega. E non solo una semplice strega ma quella che aveva fatto un incantesimo alla mia famiglia e sciogliendolo non avrei dovuto trovare marito né i miei genitori sarebbero morti.
Da quel momento avrei potuto chiamarmi Sherlock Holmes.
A questo punto era ovvio che Alessandro non riusciva a viaggiare perché un incantesimo lo tratteneva qui. Se riuscivo a smascherarla con delle prove avrei annullato la maledizione. Feci le pulizie e scambiai due parole con Teodora che mi avrebbe coperto le spalle se qualcuno avesse chiesto dov’ero.
Superai il lungo corridoio di soppiatto e, sapendo che la porta di Isabella cigolava ,la oliai prima di entrare.
Grazie a Dio non c’era e molto lentamente, stando più attenta possibile a non fare rumore, mi avvicinai alla stanza nascosta nel muro.
Ritiro quello che ho detto sul mio secondo nome di Sherlock Holmes. A contrario di lui avrei di sicuro fatto schifo perché dietro alla fessura non c’era una cameretta bensì un piccolo scaffale nascosto che conteneva corpi di animali irriconoscibili (ecco perché facevo sempre fatica a togliere quell’odore dalla sua camera quando facevo le pulizie!) e pozioni.
Eccola!
Non so come ma la riconobbi subito: la pozione che aveva impedito ad Alessandro di andarsene. Dovevo dirglielo altrimenti domani si sarebbe sposato…. Presi la pozione in tutta fretta e uscendo vidi senza farmi scoprire che Isabella era molto vicina. Ok, diciamo che era più che vicina:era dietro di me. Mi misi a correre più veloce che potevo. Vedevo scorrere le varie ed ampie finestre che ogni mattina aprivo, il filo di polvere lasciato in un angolo e la penna a sfera caduta per terra che non avevo raccolto. Se non fossi stata in questa situazione, mi sarei sbrigata e avrei finito le faccende che l’altra domestica aveva completamente dimenticato.
“Sta ferma!” Alessandro era dietro di me.
Solo dopo che parlò mi resi conto che mentre correvo, senza farsi notare, mi aveva preso con lui in un corridoio annesso.
“Ti sto aiutando solo perché hai una pozione molto pericolosa in mano. Non mi sposerò, scapperò. Ti dirò tutto dopo davanti a una tazza di tè, per quello che ho appena fatto, me lo devi. Uno,due, tre, CORRI!”
Wow. Mi era sembrato di vivere in un film d’azione.
Corsi tanto che la milza cominciò a farmi male e poco dopo mi ritrovai seduta a parlare con il principe del suo piano.
Decisi che, indipendentemente dall’idea che mi avrebbe proposto per scappare e non sposarsi, l’avrei aiutato. Primo, perché odiavo Isabella e secondo, perché almeno lui avrebbe potuto realizzare il suo sogno. Avremo potuto parlare in tutta tranquillità perché, anche se Teodora sapeva poco niente, ci avrebbe coperti senza farci domande. Se non mi ero innamorata di sicuro avevo trovato un’amica.
Discutemmo per ore e ore a perfezionare ogni singolo particolare. Tutto si sarebbe svolto secondo i piani.

La mattina seguente, per il matrimonio, mi preparai magnificamente. Quasi non mi riconoscevo allo specchio. Avevo un abito giallo tenue stupendo e due piccolissimi orecchini di brillanti. I capelli erano raccolti in una crocchia e volontariamente, avevo fatto cadere qualche ciuffo che avevo arricciato con la piastra.
Ovviamente mi ero travestita e per qualche ora sarei stata la rispettabilissima “signora Gray”.
Avevo inoltre un bellissimo mazzo di rose che nascondeva l’ampolla con la pozione di Isabella, in caso le prove e la mia parola non fossero bastate.
Teodora non avrebbe partecipato da invitata e nemmeno io, ma avevo un compito più complicato che offrire continuamente bicchieri di champagne e caviale.
Il tragitto non era molto lungo. Come una vera e propria sarei dovuta entrare dal cancello ma in realtà, se dall’uscita delle domestiche si svoltava due volte a destra, una a sinistra e si attraversava la siepe, si arrivava direttamente all’entrata.
Mi rattristai nel vedere quanto tempo e persone erano servite ad organizzare tutto perché poi sarebbe stato inutile.


Non c’erano molti fiori poiché quelli del giardino erano sufficienti e comunque curati.
Gli invitati aspettavano l’inizio della cerimonia seduti su piccoli tavoli bianchi con bicchieri colmi di champagne in mano. Era una giornata magnifica per un matrimonio. Il sole caldo rallegrava gli animi e il profumo di erba tagliata era molto rilassante.
Le cerimonie sono sempre troppo lunghe, me ne ero resa conto solo quel giorno. Dopo circa tre ore che mi ero rassegnata alle punture degli insetti del giardino della residenza reale e aver quasi perso la sensibilità alle mani per il peso della boccia di vetro, arrivò il momento che aspettavo.
Il prete a gran voce chiese se qualcuno aveva qualcosa in contrario a questo matrimonio. Con tutto il coraggio che potevo avere in quel momento mi alzai e, il più velocemente possibile per limitare
l’imbarazzo, mi avvicinai agli sposi. Alessandro compiaciuto e Isabella più rossa di mio padre quando si gode il caldo senza mettersi la crema solare.
Tolsi i fiori che coprivano l’ampolla liberandomi da un peso quasi insostenibile. Letteralmente…
Cominciai a parlare: “Chi non è interessato ad ascoltare vada pure, perché il matrimonio non si farà. Prima però, per avere più testimoni possibile, vi dico che ho le prove che la principessa Isabella è una strega. La mia storia si intreccia con la sua. Per sua colpa la mia famiglia è stata maledetta ma da oggi non lo sarà più.
Per capirlo dovrete ascoltare ciò che vi dirò. Sono una principessa anch’io…”
Le persone che prima si erano istintivamente alzate, disinteressate, ritornarono ai loro posti, incuriositi dal mio piccolo riassunto. Non volevo voltarmi a vedere la sorpresa della famiglia reale, ma senza volerlo incrociai lo sguardo stupito e affranto di Teodora. Aveva gli occhi lucidi. L’unica persona che era stata onesta, gentile e amichevole con me, aveva appena scoperto che tutto quello che le avevo raccontato, in parte, era una bugia. Mi sentii sprofondare dalla vergogna ma decisi di andare avanti prima che gli invitati si insospettissero.
Spiegai tutta la mia storia che inevitabilmente era collegata a quella di Alessandro e Teodora. Appena finii di raccontare, mi girai ma Alessandro non c’era più. Credevo che se ne fosse andato appena mi ero alzata, coma d’accordo. Era partito e io non l’avrei MAI più rivisto. Mi mancava e l’avevo lasciato solo da cinque minuti.
Cercai di pensare positivo. In compenso non avrei dovuto sposarmi e i miei genitori non sarebbero morti.
Avevo ottenuto quello che volevo; più o meno…
Isabella era stata smascherata e alla fine ammise che era stata lei l’artefice della maledizione che aveva colpito la mia famiglia. Confessato, insieme ad altri servitori, la portai nella sua stanza.
 Aveva mentito. Non solo ai propri genitori ma anche a chi la governava e se non avesse commesso questo errore, sarebbe successa a loro.
Vidi gli occhi e il viso di Anna ed Edoardo che quasi non credevano ancora che tutto quello fosse opera della loro figlia.
Prima che Isabella fosse portata a discutere con i propri cari, volevo farle un’unica e semplice domanda a cui non avrebbe potuto fare a meno di rispondere.
Parlai: ”Perché? Perché hai voluto maledire la mia famiglia?”
Senza arrabbiarsi né scocciarsi rispose: ”Vedi, il mio potere non si limita a fare incantesimi ma anche a prevedere il futuro. È da molti anni che faccio sogni rivelatori, in cui tu ed Alessandro stavate assieme. Sapevo chi eri, da dove venivi e, se avessi visto la tua faccia, avrei potuto prendermela soltanto con te. Nei miei sogni o meglio incubi, apparivi offuscata, come se fossi stata avvolta dalla nebbie di quelle buie giornate d’inverno perciò non avevo idea di come fossi esteriormente. Decisi che prima avessi preso provvedimenti, meno tu avresti influito sul mio futuro e su quello del mio fidanzato. Ma ora mi rendo conto di non poterlo più chiamare così. Adesso non posso che rassegnarmi al mio e al tuo futuro. Non prendertela comunque, avevo fatto un incantesimo anche al mio principe. Spero che tu sia soddisfatta della mia risposta. Sono una persona sincera, ormai è troppo tardi per convincerlo a tornare da me, perciò non vi darò più fastidio. Ti auguro un piacevole ritorno.”
Ero entusiasta perché anche se non me l’aveva ancora detto era inevitabile che Alessandro mi amasse, lo sapevo che tra di noi c’era un forte legame. L’unica cosa che mi preoccupava era sapere se Teodora credesse ancora nella nostra amicizia e se mi volesse ancora.
Terminato il discorso andai nella mia umile stanza da servitù a preparare i bagagli. Non potevo restare lì ancora per molto. Primo, Anna ed Edoardo sarebbero venuti a cercarmi, e avrei rischiato di passare il resto della mia vita in una cella umida e sporca. Sebbene fossero nel torto, la sola cosa a cui tenevano e in cui credevano era la loro principessa, che ora non sarebbe più stata la stessa. Secondo, perché in quelle mura c’erano troppi ricordi. Troppi…
Tornai presentabile. Mi vestii con un semplice abitino in pizzo, uno dei più comodi che avessi mai posseduto e andai a salutare la sola persona che per quei otto lunghi e avventurosi mesi mi era stata vicina: Teodora.

Volevo salutarla e scusarmi, ma ovviamente non potevo farlo sotto gli occhi di tutti, soprattutto sotto quelli del re e della regina. Così, nascondendomi nel cespuglio cercai la mia amica e, una volta trovata, le feci segno di venire verso di me. Era una vera amica perché dalla sua espressione, sebbene le avessi nascosto la mia vera identità, era stata comprensiva e aveva capito che lo avevo fatto solo per proteggerla. Anche se avrei dovuto spiegarle molte cose si vedeva che non aveva bisogno di scuse.
“Non mi mancherai, ti verrò a trovare e se vorrai potrai passare qualche giorno nel mio castello. Lo so che ti ho mentito ma credo che forse un giorno capirai. Ci scriveremo sempre. Non mi manchi, non mi manchi, non mi manchi, non mi manchi…”.
Non ero mai stata una ragazza sentimentale. In quella circostanza però,mi scese una piccola, dolce e fredda lacrima che mi bagnò il viso. Era la prima lacrima che avessi mai versato di cui avevo memoria.
Teodora mi abbracciò.
“Neanche tu mi mancherai principessa Melissa”.
Avevamo creato il primo oceano di acqua dolce nel giardino reale.
La lacrima si era trasformata in una pioggia torrenziale però anche lei stava piangendo e questo mi consolò.
Senza troppi indugi, lasciai un biglietto di ringraziamento che molto probabilmente non sarebbe stato apprezzato dai reali. Già mi immaginavo il re che nel più grande e costoso camino del palazzo dava fuoco a quel pezzo di carta.

Per quanto un posto possa essere bello e accogliente, non c’è nessun luogo migliore di casa.
I miei mi accolsero abbracciandomi talmente forte, che se fossi stata poco più vecchia, avrei rischiato
l’infarto o il soffocamento. Finite le smancerie, ovviamente si domandarono dove fosse il mio compagno. Per la seconda volta spiegai tutta la storia tralasciando alcuni particolari ai miei genitori che non avrebbero sicuramente capito.
L’unico commento fu: “Arguta, tesoro mio” da parte di mia madre. Mi aspettavo qualcosina di più ma erano sempre stati di poche parole con me.
Probabilmente la disapprovazione sarebbe arrivata più tardi, perché, maledizione o no, per loro dovevo trovare marito.
Passarono pochi giorni quando un messaggero mi portò la cosa più preziosa e desiderata in quei ultimi giorni:una lettera. Pensavo fosse di Teodora ma quando la servitù me la porse, compresi che era un piccolo foglietto ripiegato in quattro e un telegramma. “Londra 10-17 giugno hotel “Ritz” prima tappa Alessandro”.
Sul biglietto invece c’era scritto:

“Questo è tutto quello che devi sapere.
Ah! Dimenticavo, ti amo.”

Ci conoscevamo poco ma ogni momento scoprivo qualcosa in più di lui; ora sapevo che aveva una bella scrittura ed ero sicura delle sue parole.” Anch’io ti amo” pensai.
Il messaggero, guardandomi male, mi consegnò anche un biglietto aereo.
Mi si illuminarono gli occhi. Corsi più veloce della luce in camera mia e feci prendere la valigia più capiente che avessi mai posseduto dalla mia domestica. Stavo per partire per un’avventura, il viaggio, il mio sogno, quello che desideravo fin da piccola si stava per realizzare con la persona che finalmente mi resi conto di amare. Un viaggio di due anni con Alessandro. “Potrei cambiare idea riguardo il matrimonio…”

Miriam Beccaro

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