Un traffico a misura
d’uomo per una “città ideale”.
Scrivi un nuovo finale per la fiaba di Gianni Rodari Il pifferaio e le automobili
Nell'ambito del concorso promosso dal Progetto di Educazione Stradale rivolto alle classi prime la Commissione Biblioteca tra i 65 testi pervenuti segnala per la loro originalità i seguenti
Il pifferaio e
le automobili
…le macchine presero vita, chi le guidava
spaventato usci, e tutte in fila si avviarono dal ragazzo che le portò al fiume
e glielo fece attraversare.
Oltre al fiume c’era una ditta di autodemolizione
dove il ragazzo incontrò un signore che stava rimorchiando delle auto; il
signore disse: «Ragazzo, cosa stai facendo qui tutto solo?»; di tutta risposta
disse: «Sono venuto a portarle delle auto da parte del sindaco».
«Allora sarai stanco, vieni a prendere una
cioccolata!» esclamò il proprietario dell’autodemolizione. Lì il ragazzo
conobbe una bella fanciulla e se ne innamorò, allora, arrossendo, chiese al
signore se quella era sua figlia e il signore rispose di sì.
Si chiamava Roxie, aveva i capelli lunghi e
mori come la criniera di un cavallo, era gentile, unica nel suo genere e il
padre le voleva molto bene.
Il pifferaio cercò in ogni modo di convincere
il padre di Roxie a lasciarla andare con lui, ma questi gli disse: «Se vuoi mia
figlia dovrai superare tre prove per conquistare la mia fiducia. La prima
prova, dovrai smaltire sette furgoni; la seconda, dovrai risolvere la radice
quadrata di 2718; la terza, bruciare il tuo caro piffero. Ce la farai entro il
tramonto?».
Il ragazzino rispose di sì e affrettandosi
andò a smaltire i furgoni, senza sapere però come fare, Roxie, che lo sapeva,
lo aiutò a demolire i furgoni; e la prima prova venne superata, ne mancavano
ancora due. Per risolvere il calcolo, presero una lavagna e il pifferaio si
mise a suonare, così le note musicali si trasformarono in numeri che dettero il
risultato.
Infine doveva bruciare il piffero, ma non
voleva farlo, perché gli stava troppo a cuore; in quel momento sentì una strana
vocetta, debole, debole che gli disse: «Dai, cosa aspetti a darmi fuoco? Io
sono solo un piffero mentre lei è il tuo amore». Il ragazzo rispose: «È vero,
ma io non ho il coraggio di bruciarti» e il piffero disse: «Portami un fiammifero
e torna tra tre ore».
Il pifferaio fece come gli aveva detto il
piffero, gli portò un fiammifero e poi se ne andò; il piffero si diede fuoco e
tre ore dopo era carbonizzato.
Il pifferaio, tornando, pensò: «Cosa starà
facendo?» arrivato vide il piffero ormai carbonizzato e pianse; pianse a
dirotto fino a quando il sole tramontò.
Il pifferaio allora pensò che ormai non gli
rimaneva altro da fare che portare le tre prove al padre di Roxie.
Il signore gli disse: «Dove sono le tre
prove?» il ragazzino con le lacrime agli occhi gli rispose: «Ecco qua i sette
furgoni, il risultato dell’operazione e la cenere del piffero».
Il signore stupito rispose: «Ok, puoi
prendere mia figlia, ma stai attento perché se le succede qualcosa ne pagherai
le conseguenze».
Detto questo il pifferaio prese Roxie, andò
dal sindaco e si sposò; poi gli disse: «È tutto a posto».
Il sindaco come promesso costruì il parco per
i bambini e vissero tutti più sani e contenti
Elena Michelotto I A
Il pifferaio e le automobili
Da lì a un
momento…… il pifferaio si sedette sopra ad una roccia ed iniziò a suonare. Alle
prime note le macchine che percorrevano la strada iniziarono a rimpicciolirsi e
a colorarsi di tanti colori. Poco alla volta cominciarono a trasformarsi in
tanti tipi di fiori: tulipani, margherite, rose, calle, gerani, ciclamini,
girasoli….La guardia del comune non credeva a ciò che stava accadendo e corse a
chiamare il sindaco che, incredulo, cominciò a saltellare dalla gioia. Corse
incontro al pifferaio e lo abbracciò, ringraziandolo per quello che era
riuscito a fare. Il giorno seguente la piazza si era trasformata in un
meraviglioso parco giochi e le auto-fiore coloravano le aiuole. Tutti gli
abitanti del paese andarono in piazza, ma nessuno riusciva ad immaginare chi
avesse fatto una cosa così eccezionale. Tutti gli abitanti ringraziarono il
pifferaio che diventò da quel momento il guardiano del parco giochi.
Bagarello Elena I C
Il pifferaio e
le automobili
Da lì a un
momento, nella città calò il silenzio.
I motori
ruggenti delle auto sportive, le sirene delle auto della polizia si spensero.
I rumori
assordanti dei clacson si trasformarono improvvisamente in suoni di diversi
strumenti musicali che accompagnavano la melodia dello zufolo. Sembrava la
banda del paese che si esibiva in un giorno festivo!
I conducenti
scesero dalle loro auto e iniziarono a spingerle con forza verso il fiume dove precipitarono
leggere come sassolini gettati dalla mano di un bambino.
Il giorno
seguente, il pifferaio si recò subito in piazza per accertarsi che la promessa
del Sindaco fosse stata mantenuta.
Fu accolto
dalle grida gioiose dei bimbi della città che giocavano spensierati senza più
pericoli!
Anche i
segnali stradali si erano trasformati in alberi dalle gemme rigogliose e le
strisce pedonali in comode panchine dove i genitori e i nonni potevano
riposarsi chiacchierando o leggendo il giornale.
Nella città
non circolavano più macchine rumorose ma veloci biciclette elettriche che
viaggiavano su piste ciclabili alberate.
I cittadini
vissero sereni, in ottima forma e in una città più pulita!
Camilla
Zanin I E
Il pifferaio e
le automobili
Dunque,
eravamo rimasti … ah, sì, il pifferaio uscì suonando dal palazzo del Comune,
attraversò la piazza, si avviò verso il fiume e da lì un momento …
Il suono
soave del minuscolo piffero animò le auto che si disposero in fila, davanti ad
un enorme cancello; la gente, ignorante com’ era, non l’aveva mai notato,
comunque, il cancello si aprì e le auto entrarono disponendosi ordinatamente in
quel vasto campo che nessuno pensava esistesse.
Da lì a quel momento il campo diventò una sorte di “parcheggio pubblico”
e per evitare che nessuno vi si intrufolasse, fingendo di essere il
proprietario di un veicolo, per rubarlo, il pifferaio escogitò con i cittadini
una specie di parola segreta: chi tentava di entrare, senza conoscerla, sarebbe
stato intrappolato in una gabbia da un marchingegno, ideato dal pifferaio. La
parola segreta venne comunicata a tutti gli abitanti che possedevano un’auto, stava
per conoscerla anche il sindaco, che però riteneva di non aver promesso niente
al povero pifferaio ed era deciso a rimanere di quella opinione.
Il
pifferaio, deluso, ma anche molto arrabbiato, decise di non rivelargli il
codice segreto, anche se il sindaco aveva ben tre auto lì dentro.
“Io posso
fare a meno delle mie auto, e se faccio a meno delle mie auto posso fare a meno
anche di te!” disse il sindaco, così il pifferaio minacciò di fargliela pagare!
Una
mattina, però, il sindaco doveva andare ad un convegno fuori città, così,
troppo pieno di sé per prendere i mezzi pubblici, decise, origliando quel che
dicevano le persone, di carpire loro la parola d’ordine. Il poliziotto di
guardia disse: “otto” e un uomo rispose “quattro” e lo fecero entrare, la seconda
volta il poliziotto disse “sei” e una ragazza rispose “tre”. Allora il sindaco,
convinto di aver capito, si precipitò davanti alla fila, pensando di poterselo
permettere; il poliziotto disse “quattro” e il sindaco sicuro di aver capito
disse “due” ma la risposta era sbagliata, quindi la trappola scattò ed egli
finì in gabbia. A quel punto saltò fuori il pifferaio che con il suo piffero
cominciò a suonare, sempre più forte. Improvvisamente un esercito di formiche
rosse comparve dal terreno, dirigendosi verso il sindaco. “No, le formiche no”
gridava il sindaco, “Avevi ragione, dire bugie è sbagliato, ti chiedo scusa”. A
sentir quelle parole l’esercito di formiche s’arrestò scomparendo magicamente,
la gabbia si aprì e il sindaco tornò ad essere libero. Il pifferaio ricevette
un pacchetto, era un regalo, all’interno della scatola trovò un piffero, nuovo
di zecca, sul fondo della scatola un biglietto con scritto “Questo piffero è il
segno della mia gratitudine verso di te, non solo per avermi liberato dalle
auto, ma anche per avermi insegnato ad essere sincero ed onesto verso gli altri
e per avermi aperto gli occhi ed il
cuore, con affetto il sindaco” Il pifferaio andò da lui e gli disse: “Il
piffero è magnifico, ma il vero regalo che mi hai fatto è l’aver imparato la
lezione”.
Bettella Sara I F
Il pifferaio e
le automobili
... Tutte le
automobili della città, ipnotizzate dal suono armonioso di quello zufolo, in
fila indiana, seguendo il giovane ragazzo, si diressero al fiume. A rompere
quella serie di melodie dolci ci fu una nota molto acuta suonata, non si sa se
volontariamente o involontariamente, dal pifferaio. D’improvviso, poco distante
dalla riva, ecco che si aprì un tunnel infinito situato al di sotto del letto
del fiume.
Sempre
comandate dal suono del pifferaio, le automobili iniziarono a percorrere e a
riempire fino in fondo il tunnel. Questa volta il giovane emanò una nota
talmente grave da far richiudere l’entrata della galleria intrappolando per
sempre le automobili sotto al fiume. I cittadini erano allibiti: si chiedevano
come quel ragazzino avesse fatto a “domare” tutte le automobili impazzite.
Il buio e la
notte avevano ricoperto la città e tutti la trascorsero con stupore, ma anche
con felicità per non avere più quelle auto fra i piedi.
Il mattino
seguente il sindaco, anche lui contento di essersi liberato da quelle auto,
mantenne la promessa e, in segno di gratitudine al pifferaio, fece costruire in
piazza grande un gigantesco parco-giochi dotato di tutti gli svaghi possibili (altalene,
scivoli…). Naturalmente i bambini, alla vista di quel paradiso che sembrava dir
loro: «Venite, venite a giocare con noi!», non aspettavano altro che soddisfare
la richiesta del parco giochi e così, pian piano, la piazza si riempì di
bambini nei cui occhi si leggeva la gioia e il divertimento che ciascun
individuo invidierebbe.
Tutti i
cittadini, grandi e piccini, esultavano e, ogni volta che il pifferaio passa va
di lì, urlavano a squarciagola: «Eccolo, colui che ci ha liberati dalle
fastidiose automobili, grazie di tutto quello che hai fatto per noi, ti
acclameremo ogni volta che passerai! Ti vogliamo come nostro capo!»
Il pifferaio
era contentissimo di ciò che aveva compiuto. Tutti erano felici! Tutti tranne
il sindaco e gli altri uomini di potere della città: erano più che invidiosi di
quel giovane che suonava lo zufolo perché temevano che i cittadini si potessero
rivoltare contro il sindaco e affidare il ruolo di primo cittadino proprio al
pifferaio.
Cercavano di
trovare una soluzione a questo proposito, ma non ci riuscivano.
«E se lo chiudessimo
in prigione?» aveva proposto un assessore.
«E sia!
Presto, arrestiamo il pifferaio prima che ci rubi il potere!» ordinò il
sindaco.
E tutto ciò
accadde: i poliziotti arrestarono il giovane e lo sistemarono in prigione.
Da quel
giorno in città regnò il caos: tutti erano infuriati con il sindaco per
l’arresto del pifferaio. C’era chi non pagava più l’affitto, chi gettava le
cartacce per terra, chi rubava, chi organizzava complotti, insomma non c’era
più un corretto comportamento.
Per evitare
il peggio, il sindaco fu costretto, con il consenso degli assessori, a liberare
il povero pifferaio che ormai piangeva e provava disprezzo contro chi l’aveva
arrestato.
Una volta
liberato, il giovanotto, in segno di scuse, venne proclamato sindaco e l’ex
sindaco divenne vicesindaco. Il pifferaio non sapeva come ringraziare chi
l’aveva liberato, ma il vicesindaco gli sussurrò fiero: «Siamo noi che ti
abbiamo fatto del male quindi tu non ci devi proprio niente!»
Di conseguenza
il caos si dileguò ed ecco che i cittadini ripresero a festeggiare il pifferaio
e a giocare in piazza grande.
Da quel
giorno tutti vissero felici e contenti in città!
Mattia Ragona I M