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mercoledì 2 aprile 2014

Un nuovo eroe


Giada Tondello si misura con il genere fantasy e lascia la storia aperta: chi vuole continuare ci scriva…

Il capo della banda assassina, Lucius, uscì dal castello di Giada tenendo stretta la mano della principessa Ambra per non farla scappare. Nell’altra mano aveva la spada, e la teneva all’altezza della gola della principessa. Lucius portava una bandana per non farsi riconoscere, ma Aragon riconosceva benissimo i suoi occhi azzurri, quasi bianchi, e la sua risata diabolica e malvagia.

mercoledì 24 aprile 2013

Rosso Malpelo 2013


Prova ad immaginare di essere Giovanni Verga e di voler scrivere una novella ideata in un luogo a tua scelta. Dai un nome al Rosso Malpelo 2013 e descrivi il suo stile di vita, i suoi rapporti con gli altri, ciò che prova, che vede, che è costretto a fare. Se vuoi, puoi scegliere la forma del diario: in questo caso devi immedesimarti nel tuo personaggio.


I carusi di Villaguarnera a fine Ottocento
Caro diario,                                                                                                                                                 

mi chiamo Akbur Mahari e ho undici anni, vivo in un piccolo 
Bambini soldato in Uganda,
 http://foreignpolicyblogs.com/2012/10/09/grace-milly-lucy-child-soldiers-2010/
paese dell’Africa occidentale.
Ho una situazione e una vita davvero difficili. Sono un bambino soldato.
Già, sono uno di quei bambini che gli adulti sfruttano come spie e altro genere di cose…
Perché siamo piccoli e allora i nemici non ci scoprono facilmente.
Sono soldato da circa tre anni e non è che prima avessi avuto un’infanzia felice.
Facevo il servo in una famiglia benestante, distante circa dieci chilometri che percorrevo a piedi; lo facevo insieme a mia sorella che ora ha quattordici anni.

venerdì 15 marzo 2013

Omicidio a porte chiuse

Il direttore di una nota tv, Eddy Docogaua, mi propose di incontrarlo, ma per parlare in privato siamo andati a casa del vice direttore della stessa tv, Alex Tedeschi.
Arrivati sul posto nessuno ci aprì, anche se abbiamo suonato insistentemente.
Il direttore, sapendo che il signor Tedeschi era giù di morale per l’interruzione forzata del programma, ha pensato a gesti inconsulti. Allora decisi di forzare la porta.
Quando siamo riusciti a entrare, trovammo il cadavere del signor Tedeschi. Chiamammo subito la polizia che giunta velocemente, ha effettuato i dovuti controlli: il caffè era avvelenato! Ora toccava a me trovare il colpevole.

mercoledì 20 febbraio 2013

I narcisi


Sono in un prato verde punteggiato di narcisi di colore giallo acceso. Da lontano sembrava dorato e nella mia passeggiata mi aveva attirato il colore luminoso. Mi sdraio a pancia in su e una farfalla si appoggia sul mio naso, dopo poco vola via delicatamente. Ma un’ape si posa sui miei piedi, io non l’accetto e mi agito fino ad irritarla. Il sole mi colpisce gli occhi ma non lo guardo. Fisso il cielo: è terso e le nuvole sono sparse. Sono circondata da montagne che svettano fino alle nuvole. Mi sento libera perché sono in mezzo alla natura ma nello stesso tempo protetta dalle montagne come in un abbraccio.

Caterina Summonte 1E

Fiabe macedonia: il mondo delle fiabe


C’era una volta una bella fanciulla di nome Cenerentola, che abitava in un grande castello insieme a suo zio falegname Mastro Geppetto e a suo figlio Pinocchio, un burattino di legno. Aveva anche due sorelle cattive che la costringevano a fare i lavori pesanti e non avevano mai per lei una parola gentile.

mercoledì 30 gennaio 2013

Riceviamo una videopoesia

Chiara Schiavon dalla III F ci manda una videopoesia. Grazie Chiara!

mercoledì 16 maggio 2012

Golosi dialoghi spinosi… Crus & Spinotto

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Crus è uno scoiattolo goloso di noccioline che detesta essere disturbato dal suo co-inquilino Spinotto, che è un porcospino scorbutico e non sopporta il suo vicino di tana Crus.
Ogni volta che si incontrano litigano, scambiandosi reciprocamente battute sui propri difetti. Eccone alcune.

mercoledì 9 maggio 2012

Aiuto! Mi trovo in pericolo!


Caro diario,
ieri era una normale giornata, il sole splendeva in cielo, i passerotti cinguettavano, le farfalle coloravano quel bruttissimo prato,  pieno di erbacce e cacche del mio cane!!
Corsi giù in cortile, presi il mio skate ed incominciai ad osservare quel prato mal ridotto. Sembrava spento, senza allegria o addirittura morto!

Fare finta…


Avrei dato qualunque cosa per non giocare con mio fratello.
Allora ho avuto un’idea…
Pensavo di cavarmela con un semplice “non ho voglia”, oppure “ho troppi compiti”, e invece quel giorno mio fratello era deciso, voleva a tutti i costi giocare con me!

Gelatine ecologiche


C’era una volta un  pifferaio magico… Questo inizio lo conoscono  tutti ma, è ora che viene il bello!, questa volta il pifferaio era un pasticcere. Un pasticcere del mondo moderno, ventunesimo secolo. La città in cui lavorava era invasa dalle auto, ce n’erano sui marciapiedi, sui portoni, nei giardini, sulle strade. I cittadini da tempo si lamentavano del caos, ma il sindaco non si decideva a fare qualcosa. Stava tutto il giorno sulla sua poltrona a mangiare tartufi al cioccolato, che comprava con i soldi pubblici.

Viaggio del mondo delle cose stupende


Sono sdraiata a letto, sveglia.
Tuttavia non ho ancora aperto gli occhi; amo stare così, soprattutto nelle mattine invernali come questa, con gli occhi chiusi, tra il sonno e la veglia, tra il sogno e la realtà.
Purtroppo questo momento è il più breve della giornata e dura solo pochi secondi, dopo i quali si è costretti ad aprire gli occhi ed affrontare la realtà.

mercoledì 29 febbraio 2012

Il cavallo che volava nel buio

C’era una volta un cavallo di nome Bubu e una cavallerizza di nome Francesca.

Una notte buia Bubu e Francesca uscirono e andarono nel campo del maneggio. Trottavano e galoppavano sempre più veloci, quando il cavallo si fermò. Davanti a loro si aprì una porta che portava verso il tramonto. Allora Bubu e Francesca partirono al galoppo e lo seguirono. Attraverso prati, deserti,monti e praterie. La criniera e la coda presero fuoco, gli arti ormai andavano da soli.

Cominciava a far sempre più caldo, perché si avvicinavano sempre di più al tramonto. Durante il viaggio, Bubu  trovò un compagno. Il suo nome era Load Star. Era un cavallo tutto bianco con la criniera d’argento ed insieme riuscirono ad attraversare il grande oceano, fino ad essere arrivati. Bubu non era stanca e felici spiccarono il volo in mezzo alla luna, alle stelle e ai pianeti. Ormai era mezzanotte,allora la cavallerizza e il cavallo uscirono dalla porta e ritornarono nel campo del maneggio. La cavallerizza sussurrò delle bellissime parole a Bubu  e contenti si misero a dormire pensando alla bellissima avventura che avevano vissuto!!

Silvia Sattin

La chiave dei sogni

Guardo fuori dalla finestra: piove.
Il cielo è coperto da nuvole grigie e tutte le tonalità di verde del mio giardino si sono mescolate in un unico, malinconico, verde scuro; come quando si lascia cadere una goccia d’inchiostro nero su di un disegno fatto da poco con gli acquarelli.
Mi trovo in cucina, circondata da computer, televisione … eppure nessuna di queste cose sembra interessarmi quanto quella finestra e quel monotono panorama.
Non so da quanto tempo sono qui.
Non so per quanto altro tempo vi rimarrò.
Non saprei cos’altro fare, se non starmene appollaiata su questa sedia a guardare piovere.
Improvvisamente mi accorgo che, ai piedi della grande magnolia che sovrasta tutte le altre piante, c’è qualche cosa che luccica; mi alzo senza sapere perché, infilo l’impermeabile, prendo l’ombrello ed esco.
Una volta fuori mi dirigo verso il punto nel quale, poco prima, avevo visto lo strano bagliore; inizialmente non vedo nulla ma, scostando con la mano un ciuffetto d’erba, noto una piccola chiave di metallo.
La raccolgo e me la rigiro tra le mani. 
È davvero minuscola e, dalla sua superficie lucida, deduco che non può trovarsi lì da molto tempo.
È  chiaro che non si tratta di tipica chiave ma la cosa che più mi colpisce è la strana forma della sua scanalatura, che, a  differenza di quella di tutte le altre chiavi, è composta esclusivamente da linee curve.
Alzo gli occhi al cielo per cercare di capire da dove provenisse la luce che, facendo brillare la chiave, mi aveva permesso di trovarla.
Rimango davvero stupita nel constatare che non proveniva dal sole dal momento che le nuvole coprono ancora completamente il celo.
Mi guardo attorno in cerca di un’altra possibile fonte di luce ma non trovandola, rivolgo un ultimo sguardo al giardino e rientro in casa.
Mi sfilo l’impermeabile e le scarpe infangate senza smettere di fissare la misteriosa chiave; una moltitudine di domande mi ronzano in testa  facendo un rumore insopportabile ma quella che mi disturba maggiormente è: quale porta si potrà mai aprire con una chiave del genere?
Cerco nella mia memoria ma non trovo nessuna porta che potrebbe avere una serratura così bizzarra!
Scuoto la testa e mi rimetto a fissare la chiave consapevole del fatto che, curiosa come sono, non avrò pace fino a quando troverò la serratura e aprirò la porta.
Decido dunque di legarla ad uno spago e di farci una collana in modo che,  non appena  troverò una serratura abbastanza curiosa, proverò ad infilarci la chiave e scoprirò qual è il segreto di quel piccolo oggetto.

È circa mezzanotte ed io sono sdraiata sul tappeto della mia stanza.
Faccio così da sempre: quando da piccola non riuscivo a dormire, mi alzavo dal lettino e mi portavo il cuscino sopra al tappeto.
Ero convinta che fosse un tappeto magico come quello di Aladino e che, dormendoci sopra, potessero accadermi cose magiche.
Ormai non faccio più queste fantasie infantili ma ho conservato l’abitudine.
Ma, torniamo a noi: sono sdraiata a terra quando improvisamente sento un rumore;  non mi alzo, rimango in ascolto, non si tratta di un rumore qualsiasi, sembrerebbero dei passi, non pesanti passi umani, passi felpati, come quelli di un gatto…
La porta si apre appena ed i miei occhi, ormai abituati alla penombra della stanza, vengono investiti da una forte luce dalla quale vengo costretta ad abbassare le palpebre.
La luce si affievolisce ed io riapro gli occhi, mi guardo attorno e scopro di non essere più nella mia stanza.
Mi trovo in uno strano luogo, tutto è bianco,  all’orizzonte non c’è nulla; sento una strana voce, mi giunge come un eco lontano, come se provenisse da dentro di me.
Rimango in ascolto:
- Tu sei la ragazza che ha trovato la chiave, vero?
Annuisco e la voce continua:
- Hai scoperto quale porta apre?
Scuoto la testa, sono perplessa; come fa a sapere tutto quello che mi è successo?
Sono una ragazza curiosa ma, in questa occasione, non oso chiedere nulla così lascio che la voce proceda:
- Non ti preoccupare, sono qui per insegnarti come utilizzarla … vedrai, saprò sorprenderti!
Non ne dubitavo.
Dopo una breve pausa la voce continuò:
- Hai certamente notato che non è una chiave qualunque; esiste una sola chiave di questo tipo, questa è la chiave per controllare i sogni.  Con questa avrai il controllo totale delle tue avventure ad occhi chiusi.
Sorrido meravigliata e felice per l’inaspettato regalo; dopo di che la luce diviene nuovamente insopportabile ed io sono costretta a chiudere gli occhi per la seconda volta.
Quando li riapro mi trovo nella mia stanza, sdraiata sul tappeto.
Mi alzo e mi infilo nel letto; prima di addormentarmi stringo forte la chiave che porto al collo e chiudo gli occhi, con la certezza che sarà una notte indimenticabile.
Ilaria Scarabottolo 3A

lunedì 30 gennaio 2012

Il bambino perdidee

Esisteva tempo fa un bambino che quando dormiva perdeva per la stanza tutti i suoi sogni e le sue idee. I sogni, giocherelloni, scappavano uscendo per il camino. Le idee, più ingegnose, sgattaiolavano piano piano fuori dalla porta quando la mamma apriva la porta per vedere se suo figlio dormiva. Questo bambino, rimasto così senza cose a cui pensare, si rigirava e si rigirava nel letto, perché, come voi tutti dovreste sapere, sono appunto i sogni e lo sviluppo delle idee che favoriscono una buona dormita. La mattina, quindi, si risvegliava con più sonno della sera prima.

A scuola non riusciva a ragionare sulle espressioni e sulle potenze che il professore aveva assegnato per allenarsi. Poi, una notte come le altre, durante l’insonnia vide una lucetta che si avvicinava sempre di più verso di lui. Aprì gli occhi, ma la luce era scomparsa. Decise di riprovare la sera dopo, e così si rimboccò le coperte, sistemò ben bene il cuscino e la luce riapparì nella sua testa. Il bambino tentava di aprire gli occhi, ma non ci riusciva, perché era come se ci fossero dei piombi sopra le sue palpebre. Ma all’improvviso, una voce dolce e soave lo persuase.

– Non tentare di aprirli, rischi di non rivedermi più. – Silenzio assoluto.

– Tu soffri di una grave malattia: la perdidee. È una malattia molto grave, di cui soffrono poche persone. Le persone che, come te, hanno dei sogni meravigliosi e delle idee geniali. La cosa migliore da fare è intrappolare i fuggitivi nel momento giusto con un sacco, e lasciarli sotto il cuscino nella notte. Così facendo, scoppieranno e verranno intrappolati per sempre nella tua testa, cosicché tu li possa sviluppare e sognare come e quando vuoi.

Detto questo, me ne vado, ma tu ricordati di eseguire il compito! Mi raccomando! –

Il bambino aprì gli occhi. Era mattina. Guardò l’orologio. Erano già passate le sette!

La sveglia non era suonata. Di corsa si vestì e andò in cucina a fare colazione. Per fortuna, riuscì ad entrare a scuola prima della seconda campanella. Il professore spiegò cose nuove, e il bambino, seppure non capisse niente, provò un gran piacere nel sapere che presto avrebbe saputo risolvere qualsiasi problema matematico.

Al pomeriggio, quando fu a casa, preparò tutto il necessario per la lunga nottata.

Quando questa infine arrivò, si rintanò dentro le coperte, lasciando un piccolo spazio per scoprire le mani nel sacco i sogni e le idee. Infine, finse di dormire, imitando eccellentemente suo padre. Dopo qualche minuto, il bambino sentì lo scricchiolare della porta e la cenere che cadeva dal caminetto.

Subito si tolse le coperte di dosso, accese la torcia e intrappolò i fuggitivi. Poi, senza indugiare, li mise sotto il cuscino e, come per magia, si addormentò immediatamente.

Il giorno dopo, riuscì a risolvere le operazioni della verifica in un battibaleno.

La sera, sotto la luce della luna, il bambino, che non soffriva più di quella grave malattia,

sussurrò, piano piano: – Grazie. ­–

Lisa Milan 1E

mercoledì 25 gennaio 2012

Perché la guerra?


Sono circa le tre di notte; nella stanza regnano il buio ed il silenzio, si odono solo il ticchettio del grande orologio rosso appeso ad una parete, il rumore del vento che soffia contro la magnolia in giardino ed il respiro di una ragazza sdraiata sul letto.
Michela fissa il soffitto della sua stanza senza riuscire ad addormentarsi.
Numerose domande volteggiano nella sua testa; non si tratta di domande qualsiasi, queste sono domande complicate, strane, domande difficili, alle quali, con la sua esperienza di dodici anni e tre quarti, non trova risposta.
— Perché esiste la guerra?
— Perché uccide i bambini?
— Perché nega loro il diritto  di crescere, di giocare, di sognare?
— Perché, quando finalmente finisce, dopo aver distrutto la vita, lascia ai superstiti solo fame e povertà, donando loro solamente altro dolore?
— Perché esistono uomini in grado di sacrificare qualunque cosa, anche la vita degli innocenti, in virtù dei propri interessi?
— Perché...?!

Michela non riuscì mai a trovare le risposte ma, una volta adulta, andò nelle regioni colpite dalla guerra come volontaria per aiutare le persone che vi abitavano; per cercare, quanto possibile, di migliorare le loro condizioni di vita, per combattere con la pace le ingiustizie della guerra.
E voi? Avete trovato risposta a queste domande?
Io, personalmente, non riesco a capacitarmi del fatto che, ogni giorno, debbano morire delle persone innocenti a causa della guerra; a volte, di fronte a questa consapevolezza, l'umanità tende a tapparsi gli occhi, a non pensarci, a fare spallucce perchè: “Tanto non sono affari miei”.
E se invece lo fossero? E se la guerra fosse qui? Se fossimo noi a svegliarci alla mattina, senza sapere se alla sera saremo ancora vivi? Cosa farebbero gli altri per aiutarci? Si tapperebbero gli occhi come siamo soliti fare noi?
Pensateci.

Ilaria Scarabottolo 3A

Il vampiro Vivacino

C’era una volta un vampiro strano che si chiamava Vivacino, che viveva ad Amsterdam. Era molto particolare perché non provava emozioni (anche se il nome diceva un’altra cosa). Turbava chiunque gli stesse vicino perché quando qualcuno lo vedeva giocare a tennis rideva di lui. Era uno strano personaggio con delle particolarità fisiche che non potevano non vedersi!

A lui non importava niente della gente e restava indifferente ma non si sforzava neanche di avere degli amici. Una sua cosa molto speciale era di bere il vino che sembrava sangue per il suo colore scuro, ma da tanto tempo ormai non beveva più sangue vero. Non sopportava i bambini perché erano vestiti a colori chiari, infatti lui odiava i colori.

Il suo aspetto era molto sinistro: aveva la pelle raggrinzita a causa dell’età, gli occhi iniettati di sangue (con tante venette rosse), le labbra sottili come due linee parallele, i denti brutti e cariati con due canini laterali lunghi 2 cm, e su di esse sporgeva un lungo naso adunco. La cosa che turbava di più la gente erano le mani scheletriche provviste di lunghe unghie smisurate come gli artigli di un’aquila. I capelli erano a spazzola, molto corti. Quando passava un po’ di tempo con suo cugino di 3 anni riusciva a rompergli i palloncini con i capelli perché erano appuntiti come degli aghi.

Era rimasto solo quando aveva dieci anni e aveva avuto brutte esperienze. Siccome era brutto nessuno voleva ospitarlo. Vagando per le strade solo e povero si trovò davanti a una villa disabitata e vedendo le porte aperte, decise di entrare per vedere se era un luogo sicuro. Dentro gli sembrava di essere in paradiso, era caldo, così decise di sedersi sul divano approfittando di quel calduccio tanto desiderato e decise infine di fermarsi per la notte in quell’angolo di paradiso. Trascorsero un paio d’anni e in questo tempo Vivacino si accorse di avere un grande vantaggio nonostante la sua sfortuna: quando starnutiva gli uscivano dal naso tanti gioielli e tante monetine. Questa dote era più evidente in primavera perché gli starnuti aumentavano (essendo allergico al polline) e lui diventava più ricco.

Ricco ma solo, decise di cercare una donna per stare in compagnia. Siccome era brutto non aveva tante pretese e poi essendo anche ricco trovò subito la sua metà che si chiamava Mistica. Vissero felici e contenti nella ricchezza.


Andrei Martinas

mercoledì 11 gennaio 2012

Progettando il futuro

Se potessi rifare il mondo,
toglierei tutte le guerre
e riporterei i poveri alle loro terre.


Se potessi rifare il mondo,
annienterei l’ inquinamento
soffierei sulle petroliere
con un turbine di vento.

Se potessi rifare il mondo,
abolirei i prepotenti
rendendoli meno dispettosi ,
e ai deboli po’ più attenti.

Se potessi rifare il mondo,
darei ai bisognosi una vita migliore
e donerei loro il mio cuore.

Se potessi rifare il mondo,
lo farei più gentile,
un po’ più pulito
e meno vile.


Lisa Milan 1E

martedì 20 dicembre 2011

I colori dei sentimenti

Rossa è la rabbia
come il fuoco distruttore,
come la brace che sembra innocua,
ma è sempre l’ultima  a spegnersi.

Gialla l’allegria
come il sole estivo,
come lo splendore dorato dei suoi raggi
che ti illuminano il cuore
e che ti fanno ballare.

Verde la speranza,
nel dolore,
di tornare a vedere:
prati d’erba fresca
ed una vita migliore.

Azzurra è la libertà
di nuotare nel mare,
di poter alzare
gli occhi al cielo.

Bianca è la pace,
che in sé racchiude
tutti i colori dell’arcobaleno
come quando,
dopo il temporale,
ritorna il sereno.

Ilaria Scarabottolo 3A

Corsa campestre


                                                                        
Drin! drin! suonò la sveglia e alle 8 in punto ero attiva , non vedevo l’ora di fare la campestre. Mi alzai, feci colazione con biscotti e te, guardai l'ora.
Erano solo le 8.30 allora aspettai altri dieci minuti. Continuavo a girare per la casa, ero troppo agitata, avevo anche un po’ di paura.
Arrivate le 8.45 partii con i miei genitori verso la scuola di S. Agostino. Arrivati lì , la professoressa  mi indicò dove andare a cambiarmi. Trovai le mie amiche ed insieme andammo alla palestra con tutti gli altri.
Salutai i miei genitori, poi il professor De Vivo ci spiegò il percorso  che dovevamo fare. Allora noi ragazze  cominciammo il riscaldamento.
Le ragazze sono partite per prime, mentre i ragazzi subito dopo. Dovevamo fare un kilometro, e faceva molto freddo.
‘’ Pronti…..prtenza….via!!!’’ disse il professore , le gambe mi tremavano. All’inizio ero tra i primi perché sono veloce, al secondo giro incominciai a rallentare perché non c’è la facevo più e …     

Sara Checchetto 1 A

Iris


                                                    
C’era una volta, lontano lontano, un castello che alcune volte appariva e altre no.
Regnavano un re e una regina che stavano per avere una figlia. La regina, però, stava molto male. Il re, allora, preoccupato, cercò qualcosa che la facesse stare meglio. Andò da un’anziana signora, esperta in magia, che gli diede una pozione per farla guarire. Il re la prese ringraziando,  corse al castello la diede alla moglie, che subito si sentì meglio. Allora tutto il regno fu felice e accolse con gioia e lunghi festeggiamenti  la nascita della principessa Iris.  Fu chiamata così perché la pozione che la madre regina aveva preso conteneva un petalo di iris magico.
L' anziana vecchietta, furba come non mai,  vi avevamesso dentro, oltre al petalo del magico fiore, anche un incantesimo incredibile. Mentre Iris cresceva, la magia dentro di lei si sviluppava sempre di più ed un giorno, la principessa diventò un gigante….
I suoi genitori erano preoccupati perchè se la loro figlia fosse rimasta in quel regno avrebbe distrutto tutto.
Allora Iris se ne andò via, molto lontano dal castello. Attraversò valli, monti, fiumi, mari e deserti per trovare una soluzione, ma non ci riuscì. Iris passava tutto il suo tempo a piangere . Tutti gli animali e le persone scappavano da lei . Un giorno, mentre camminava in riva ad un lago, un elfo di nome Slippy apparve davanti a lei  e le disse di andare  nella grotta  chiamata‘’Tre passi’’.
Iris chiese il perché, ma l’elfo tacque. Allora la principessa partì e andò nella grotta.
Dentro c’era un mago, di nome Etlemis, con una lunga barba bianca e un vestito color smeraldo . La principessa gli disse che un elfo l’aveva mandata da lui. Allora il mago le diede una pozione che finalmente la fece ritornare una bellissima principessa.
Allora  Iris potè ritornare a casa.
Il re e la regina la accolsero con gran gioia e tutto il regno festeggiò, con una grande cerimonia, il suo ritorno. Ma lei, per essere felice del tutto, doveva completare l’incantesimo del mago Etlemis facendo bere alla cattiva vecchietta, invitata anche lei alla cerimonia, il vino magico  che l’avrebbe imprigionata per sempre in uno specchio, da dove non sarebbe uscita mai più. La vecchietta, non sapendo nulla di quello che le stava per accadere, bevve il vino e la magia fu compiuta.
Tutti furono felici e contenti perchè il regno era di nuovo libero da ogni malvagità.
Così la principessa si sposò con un bellissimo principe ed insieme regnarono per molti anni………

Sara Checchetto 1 A