mercoledì 24 aprile 2013

Rosso Malpelo 2013


Prova ad immaginare di essere Giovanni Verga e di voler scrivere una novella ideata in un luogo a tua scelta. Dai un nome al Rosso Malpelo 2013 e descrivi il suo stile di vita, i suoi rapporti con gli altri, ciò che prova, che vede, che è costretto a fare. Se vuoi, puoi scegliere la forma del diario: in questo caso devi immedesimarti nel tuo personaggio.


I carusi di Villaguarnera a fine Ottocento
Caro diario,                                                                                                                                                 

mi chiamo Akbur Mahari e ho undici anni, vivo in un piccolo 
Bambini soldato in Uganda,
 http://foreignpolicyblogs.com/2012/10/09/grace-milly-lucy-child-soldiers-2010/
paese dell’Africa occidentale.
Ho una situazione e una vita davvero difficili. Sono un bambino soldato.
Già, sono uno di quei bambini che gli adulti sfruttano come spie e altro genere di cose…
Perché siamo piccoli e allora i nemici non ci scoprono facilmente.
Sono soldato da circa tre anni e non è che prima avessi avuto un’infanzia felice.
Facevo il servo in una famiglia benestante, distante circa dieci chilometri che percorrevo a piedi; lo facevo insieme a mia sorella che ora ha quattordici anni.
Mia sorella l’hanno rovinata perché la facevano prostituire.
Durante le serate con amici lei ne era l’attrazione!
Le hanno tolto il suo corpo, la sua anima e la dignità di essere donna.
Lei mi chiedeva aiuto piangendo, mentre i “maiali” la tironavano avanti e indietro dicendo che avevano bisogno di divertirsi.
Poi ci dicevano che se volevamo avere del cibo (qualche avanzo) e qualche briciola di spiccioli ci conveniva ubbidire e tacere.
Subire. Tacere.
Una volta un amico del mio capo mi ha fatto lo sgambetto, insomma come si può fare un dispetto simile ad un bambino?
Di conseguenza, cadendo, ho rovesciato del vino addosso ad una donna di fianco al mio capo.
E prima di tornare a casa calci e pugni mi sono preso.
Subire. Tacere.
La mia famiglia è formata da me, mia sorella Alison Mahari e mia madre Mareshah.
Avevo altri due fratelli: Surush e Adin ma sono morti giovani colpiti da una grave malattia incurabile senza le medicine adeguate.
E mio padre. È morto esattamente tre anni fa. In guerra.
Provo e sento tristezza e rabbia allo stesso tempo, perché quando è morto hanno detto a mia mamma che mio padre lo dovevo sostituire io.
Perché esiste la guerra? Perché i bambini non possono essere felici di essere bambini? Perché gli adolescenti non possono scherzare e trovarsi uno a casa dell’altro a chiacchierare serenamente? Magari nei paesi più ricchi questo succede. E perché i diritti delle persone allora, cambiano o scompaiono da zona a zona?
Subire. Tacere.
Ora ti voglio raccontare com’è la mia vita, da quando combatto per la guerra.
Sicuramente la vita nei campi minati non è tanto eccitante e gioiosa come giocare una partita di calcio.
Bisogna stare attenti, svegli, bisogna ubbidire.
Mi sento in trappola ogni giorno.
È un orrore quello che vivo e piangere o lamentarsi, ho imparato, non serve a niente.
Un giorno io e un ragazzo con cui ho stretto amicizia, dovevamo togliere tutte le mine in un campo, da soli, noi due.
Il ragazzo si chiamava Samri, ma io lo chiamavo Sam, avevamo quasi raccolto tutte le mine, avevamo quasi finito il lavoro… erano tantissime… e ad un tratto un “boom” secco mi fece rabbrividire e per la prima volta vidi il vero orrore davanti a me.
Una mina era scoppiata in mano a Sam ed era lì agonizzante sul terreno, steso, come un povero uccellino catturato durante una caccia.
E dopo due ore il mio amico Samri non c’era più…
Subire. Tacere. Piangere. Ricordare. Dimenticare.
Subire. Tacere.
Dopo la sua morte non sapevo più cosa fare… mi sembrava che niente avesse più senso.
Perché la vita di un bambino è così? Perché un attimo ci sei e un attimo dopo non ci sei più?
Perché? Perché? Perché? Nessuno mi risponde?
Circa una quindicina di giorni dopo la morte di Sam ho dovuto assistere ad un’altra atrocità.
Ramsis, un bimbo di circa cinque anni, piccolino, magretto con degli occhioni verdi color speranza, che esprimono rassegnazione, spensieratezza, tristezza, innocenza e curiosità allo stesso tempo, era stato mandato a spiare le mosse nemiche, quando un uomo si accorse di lui e gli sparò: uno, due, tre… dieci, undici colpi di fucile per un tempo che mi sembrava infinito!
Il piccolo corpicino fu lasciato lì… senza alcuna cura e alcuna dignità, per essere stato ed avere avuto solo cinque anni!!
Doveva essere orfano perché nessuno lo venne a prendere…
Guardare. Tacere.

Te lo avevo detto che avevo tante cose da raccontarti!
Domani la sveglia è alle 5.00 e poi devo tornare nell’altro mondo… la guerra.
Domani penso che dovrò portare su e giù le munizioni, perché di solito al giovedì mi fanno fare questo.
Spero che il mondo cambi. Spero che si conosca e che si sappia la verità su quello che io e altri miei coetanei e altri bambini abbiamo subito e… su quello che non si doveva far sapere…
Si sappia!!!
Perché i bambini abbiano la gioia, la bellezza, la spensieratezza, la tranquillità di essere bambini!
Perché i giovani e adolescenti possano trovarsi insieme e scherzare, chiacchierare, divertirsi, ballare, cantare, sorridere, che possano provare emozioni fantastiche insieme, che possano innamorarsi anche della loro vita; perché queste cose io non le conosco e forse mai le conoscerò.
Perché gli adulti inizino ad amare e proteggere il tesoro che sono i bambini!
Per un mondo colorato, dipinto da un sorriso, non siate indifferenti e se subite...
Non tacete!!!



Arianna Amato 3H

1 commento:

Unknown ha detto...

Complimenti Arianna per i contenuti e l'espressività del tuo testo