giovedì 25 aprile 2013

Visita al Museo dell'Internato Ignoto

                                                                                                                                       




“Ricordare”. Questo penso sia il messaggio principale che il Tempio dell’Internato Ignoto di Padova vuole trasmetterci. Come ha detto il presidente della Federazione provinciale Associazione Italiana ex Internati, noi non dobbiamo attaccarci alla storia, ma semplicemente non dimenticarla, poiché “tutto questo è stato e potrebbe essere ancora”, come ho letto in una frase sotto un quadro nel Museo. L’errore più grande che un uomo può fare è dimenticare o negare i propri errori passati, poiché questo porta a ripeterli. Una visita al Museo di Terra Negra è un salto indietro nel tempo, nell’Italia degli anni ’30 e ’40, quella fascista. Si possono vedere riproduzioni dei manifesti che all’epoca venivano affissi per le strade, quelli che recitavano “Difesa della razza”, e spiegavano perché, secondo i nazisti e i fascisti, la nostra “razza” era superiore alle altre, perché era da “preservare”. Ci hanno sempre parlato in tutti i modi della Seconda Guerra Mondiale, dei campi di concentramento, eppure trovarsi  davanti a un’ uniforme, a degli zoccoli originariamente calzati da un prigioniero del campo è tutt’altra cosa. Ricordo una sera, in cui ho casualmente trovato il Museo aperto e sono entrata. Dentro non c’era nessuno e il silenzio era glaciale. Mi ha dato un senso di angoscia trovarmi di fronte a quelle foto da sola, ad osservare Hitler che da un palco proclamava “il volere di Dio si rivela nel sangue tedesco”. Ho provato un senso di terrore, quasi, e sono fuggita. Noi non potremo mai nemmeno lontanamente immaginare cosa provassero quelle persone. Si sono trovati improvvisamente circondati, “colpevoli” soltanto di essere Italiani. Si sono ritrovati in trappola, una trappola in fin dei conti tesa dallo stesso governo italiano, che aveva reso pubblica la notizia della rottura del Patto d’Acciaio con la Germania e di un’apertura delle trattative con gli Alleati in un’Italia controllata dai nazisti Tedeschi. Catturati, imprigionati, degradati, erano divenuti
Traditori. Costretti a lavorare in quanto non più prigionieri di guerra,  ma I.M.I., ovvero Internati Militari Italiani; umiliati, gli era stato tolto tutto, anche la dignità. Molti sono tornati a casa e hanno fatto di tutto per cancellare dalla memoria quella parte della loro vita, sconvolti, desiderosi solo di un futuro migliore.
Sono stata molto colpita dal discorso del presidente della Federazione. Parlava in maniera totalmente lucida, ricordando per noi. Parlava della prigionia, degli orrori che ha visto compiersi, ma ricordava anche la sentinella gentile che un giorno, durante un appello, ha scambiato con lui parole in italiano e si è commosso per i suoi figli. Finita la guerra, calò un silenzio tombale sulle deportazioni militari, che molti ritenevano e ritengono tutt’oggi la disfatta più grande nell’alleanza tra Germania e Italia. Solo alcuni dei circa 600.000 militari deportati in Germania e Polonia, decisero di ricordare e fondarono l’A.N.E.I., ovvero l’Associazione Nazionale Ex Internati.
Per questo motivo penso dobbiamo essere grati alla gente che è divenuta testimone di quel periodo e delle persone che raccolgono queste testimonianze.
Sono stata colpita dalla forza di volontà e dai valori di questi uomini: mettendo un semplice “si” su un documento sarebbero potuti tornare a casa e riabbracciare i loro cari. Avrebbero combattuto per la repubblica di Salò, ma almeno l’avrebbero fatto da vivi e da “liberi” (anche se costretti). Invece molti di loro hanno preferito non firmare. A migliaia hanno pagato con la loro vita. La visita al Museo mi è piaciuta molto. Ho potuto imparare cose della Chiesa e del Museo che non sapevo.
Mi ha interessato molto la storia di Mafalda di Savoia. Una principessa italiana indifesa e abbandonata, richiusa in un campo di prigionia dove a soli 42 anni muore sola.
 Parte della cittadella della memoria di Padova è anche il Giardino dei Giusti, ovvero un prato in cui vengono piantate lapidi e alberi commemorativi dei giusti del Mondo, cioè persone che anche a rischio della loro vita hanno salvato quella di altri. Ogni anno ne vengono aggiunte 10 e spero che si riesca ad attuare il progetto di creare una “passeggiata” dei Giusti, ovvero un percorso di stele commemorative che porti fino al Mare Adriatico.
Sarebbe bellissimo poterla percorrere un giorno, anche perché significherebbe che al mondo i Giusti continuano a esistere.                                                                                              Benedetta Zirillo 3^C 
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