Martedì 8 maggio la 2ª E, la 2ª D e la 2ª G hanno
incontrato alla seconda ora solastica, in aula multimediale, la scrittrice
fantasy Silvana De Mari, autrice
dell’Ultimo Elfo, Ultimo Orco e Il Gatto dagli Occhi d’Oro. La dottoressa (perché lavorava come
medico in Etiopia, mentre ora fa la psicoterapeuta) ha tenuto un discorso prima
di cominciare con la spiegazione del libro Il
Gatto dagli Occhi d’Oro.
Innanzitutto ha parlato del cervello: esso è composto da una parte razionale e da una parte
irrazionale. Poi ha spiegato che l’elemento per cui viviamo sono i racconti: infatti lei, quando suo
figlio stava male, gli raccontava una storiella e il dolore passava. Inoltre,
ha detto che in moltissime storie si rispecchia però la figura della donna
“violentata”: nella Bella e la Bestia
la protagonista viene venduta dal padre a una bestia; nella versione cinese di Cenerentola la ragazza (anche se non lo
si dice) ha subito una grave operazione di rottura alle cinque ossa del piede,
in modo da renderlo più piccolo; in Biancaneve
la protagonista è maltrattata dalla perfida strega e così via.
Sono molte, infatti, nel mondo le donne che vengono
brutalmente violentate, ed è per questo motivo che ha deciso di scrivere il Gatto dagli Occhi d’Oro, proprio per
dedicarlo a una ragazza somala che a cinque anni è stata mutilata ed è fuggita
in Olanda.
Dopo questa introduzione, l’autrice ha risposto a
domande sul suo libro, pubblicato nel 2009. Il primo a porle un quesito sono
stato proprio io, e le ho chiesto: «Perché inserire in un solo testo tanti
elementi forti, come il nazismo, il Tribunale dell’Inquisizione e
l’infibulazione?». Come compenso ho ricevuto una gustosa fetta di torta al
limone, secondo la promessa, fatta dall’autrice, di offrirne una per ogni
domanda interessante.
Altri miei compagni le hanno sottoposto i loro
interrogativi, ottenendo sempre una risposta da questa favolosa scrittrice.
Alcune domande che ricordo bene erano:
«Dov’è ambientata la storia?»
In una città
simile a quella di Portovecchio (Corsica, Francia).
«Perché ha messo nel racconto un basset hound di nome
Favola?»
Perché io ho proprio un basset hound di
nome Favola!
«Perché proprio un gatto nero e non un altro animale
come protagonista?»
Perché i gatti
erano considerati elementi di stregoneria, capaci di portare l’anima delle
“streghe”, le quali però non erano altro che semplici fattucchiere o
persone che curavano malattie e facevano nascere i bambini.
Alla fine, uno alla volta, ci ha autografato i nostri
libri.
A mio parere, questo incontro è stato molto
interessante, ma mi piacerebbe ripeterlo, magari dopo aver letto Io mi chiamo Yorsh, che non è altro che
il prequel de L’Ultimo Elfo. Però,
devo dire che sarebbe bello anche se incontrassimo anche un altro scrittore,
che so, Dan Brown o la Rowling…
Matteo Piazzon Facchina 2ª E
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